Cinema degli Abissi: Black Sea

Black Sea Poster

Regia – Kevin Macdonald (2014)

Era da un bel po’ che non aggiornavamo la sezione dedicata ai film abissali.  Mi sono imbattuta in questo Black Sea quasi per caso. Avevo visto uno dei primi trailer addirittura un annetto fa e poi mi era sparito dal radar… pardon, dal sonar. Fino a quando l’amico Lucius non me lo ha segnalato e mi sono messa subito alla ricerca. Perché un film sui sottomarini diretto da Macdonald non si può perdere per nessun motivo al mondo.
E adesso voi vi chiederete: “ma chi diavolo è questo Macdonald?”.
Un regista inglese con le palle, rispondo io. Ha diretto almeno due grandi film, L’ultimo Re di Scozia e Touching the Void. In particolare il secondo è uno strano ibrido tra documentario e fiction che racconta una storia cruda e tostissima sull’alpinismo. Una vicenda accaduta realmente, per di più. E in questo caso la famosa dicitura “tratto da una storia vera” non è messa lì tanto per, ma ha un senso ben preciso.
A Macdonald piacciono le storie di personaggi obbligati a misurarsi coi propri limiti, fisici, mentali e soprattutto etici, alle prese con condizioni estreme e ostili.
Dato che sulle Ande ci è già stato, l’altro ambiente estremo e ostile in cui poter infilare un pugno di protagonisti e spingerli a dare il meglio e il peggio di sé, non può che essere un sottomarino, bloccato a una sessantina di metri sul fondo del Mar Nero, alla ricerca di un carico di lingotti d’oro.
Sì, Black Sea ha la struttura tipica della caccia al tesoro. Ma, ed è una coincidenza curiosa, dato che ne abbiamo parlato poche settimane fa, si trova più in zona Il Salario della Paura che in quella occupata da qualche romanzo di Robert Benchley.

63975

Il capitano Robinson (Jude Law) è un uomo disperato: la compagnia (che si occupa di recuperi ad alta profondità) per cui lavorava da più di dieci anni lo ha licenziato e, dopo aver anche divorziato da poco dalla moglie, non gli è più rimasto nulla. Da un punto di vista fisico è un rottame alcolizzato, da un punto di vista mentale, uno straccio.
Gli capita per caso l’occasione della vita: un miliardario russo gli offre un compito altamente illegale, altamente pericoloso e altamente remunerativo. Si tratta di immergersi con un sottomarino e andare a prendere una quantità enorme di lingotti abbandonati nel relitto di una nave nazista. Il tutto senza farsi beccare dalle autorità locali.
Robinson assembla in fretta e furia un equipaggio di disperati come lui, metà inglesi e metà russi, si procura un catorcio di sommergibile che non ci saliresti neanche a calci nel sedere, ed è pronto alla missione.
Com’è ovvio, andrà tutto storto e il recupero si trasformerà in una battaglia allucinante per portare a casa la pelle (e possibilmente i lingotti).

Il riferimento a Il Salario della Paura non è campato in aria. Cambia il contesto, che è quello della crisi economica, cambia l’ambientazione, in questo caso acquatica, ma le motivazioni dei personaggi e il concetto di un destino bastardo e infame che si accanisce su rifiuti umani, coadiuvato dall’avidità di chi invece ha i soldi e può permettersi di giocare con le esistenze altrui, non cambiano affatto.
Un pugno di uomini si lancia a capofitto in un’impresa quasi impossibile nell’illusione di poter dare una nuova direzione a una vita tutta sbagliata e Macdonald ti fa sentire addosso il peso di queste vite, attraverso una galleria di facce segnate, quasi sfregiate da tutto ciò che hanno dovuto subire. E, anche se il film non ti racconta nulla del loro passato, la tua immaginazione, su quelle rughe e in quegli sguardi duri e perduti, galoppa. Sembra quindi molto normale che questi personaggi scelgano di giocarsi tutto sessanta metri sotto il livello del mare. Non solo perché è il loro mestiere, non solo perché sono disoccupati e non hanno altre alternative. C’è anche il desiderio di poter tornare a fare ciò che gli riesce meglio: navigare.
“Siamo come i pinguini” dice un membro dell’equipaggio “Sott’acqua siamo agili e bellissimi, in superficie, delle bestie goffe”
Uomini di mare a cui il mare è stato tolto, dopo che per il mare avevano rinunciato a tutto. E pur di tornare al mare, sono disposti anche a perdere la vita.

4075_D020_00041_R1420669860

Queste implicazioni di natura umana e sociale costituiscono il valore aggiunto a un film che si va tranquillamente a inserire nel solco di una tradizione che comincia con lo splendido Das Boot, continua con Caccia a Ottobre Rosso e il cui ultimo esemplare può essere considerato K19 della Bigelow.
Insomma, Black Sea ha tutte le carte in regola per essere considerato un nuovo classico del genere sottomarino: claustrofobia, senso costante di pericolo, avventura, violenza, ammutinamento, conflitti tra le varie personalità presenti a bordo, in questo caso resi ancora più aspri dall’incomprensione linguistica e da uno strisciante razzismo che avvelena i rapporti tra inglesi e russi e da cui non è esente quasi nessun elemento.
Inoltre, circa a tre quarti di film, la sceneggiatura di Dennis Kelly (autore della serie Utopia), piazza un colpo di scena che ribalta tutta la prospettiva e alza di un paio di tacche l’asticella della tensione, oltre a ridurre in maniera esponenziale le possibilità dei nostri di portare a casa la pelle.

Il mare, in Black Sea, è una distesa amorfa, dove regnano buio e silenzio, dove una morte rapida e indolore è la cosa migliore che può capitarti. Non c’è alcun romanticismo nella rappresentazione del mare e delle sue profondità. I personaggi sono professionisti e per loro si tratta semplicemente di sopravvivere.
L’unica scena ambientata all’esterno del sottomarino è condotta da Macdonald come se fosse una specie di incubo. Si procede a tentoni in mezzo a una landa desertica ricoperta d’inchiostro. Le luci delle torce dei palombari illuminano solo sabbia e cadaveri. Un passo falso, un secondo di distrazione, e sei morto.
Si tratta di un approccio molto concreto alla materia, spogliata da ogni forma di poesia. Ed è giusto, dato il carattere dei protagonisti e il forte sottotesto politico alla base del film.

black-sea-nazi

Black Sea è un film ruvido e aspro, ma con un nucleo pulsante di umanità al suo interno. Un film che rifiuta di essere cinico, anche se ci racconta di vite per cui il cinismo e il disincanto costituiscono la sola alternativa. Un film d’altri tempi, dove nonostante tutto, resiste ancora un sistema di valori ferreo, dove il coraggio e il sacrificio possono avere un senso, dove si può scegliere di regalare a qualcun’altro quella famosa seconda occasione che ti è stata negata.
Un film con gli attributi, come il suo regista. E non dovete lasciarvelo scappare per nessun motivo.

24 commenti

  1. dinogargano · ·

    Sembra bello , trauma claustrofobica simile a below , lo hai visto ? Tra l’altro prodotto e sceneggiato da Darren Aronofsky ( vado a memoria , spero di non aver sbagliato il cognome ) …

    1. Visto e recensito proprio in questa rubrica 😉
      Below ha l’elemento soprannaturale che qui manca. Però sì, alcune analogie ci sono.
      Black Sea è forse ancora più intenso e claustrofobico

  2. bradipo · ·

    lo avevo adocchiato ma ero indeciso, non è che mi faccia impazzire Jude Law…ma se ne parli così lo recupero subitissimo!!!

    1. In questo film è straordinario. A un attore come lui devi dare il personaggio giusto, altrimenti sì, non sempre funziona…

  3. Benone, aspettavo qualche bell’input positivo per provarlo, mi ci tuffo

    1. È un bel filmone all’antica…

  4. Giuseppe · ·

    Anch’io mi chiedevo che fine avesse fatto Black Sea, in effetti. Visto lo stile di Macdonald (col suo durissimo Touching the Void, appunto, e con quello straordinario Forest Whitaker/Amin che ha così bene reso su grande schermo), ero curioso di vedere come avrebbe messo alla prova i personaggi sfruttando l’ambientazione sottomarina. E leggo che nemmeno qui ha deluso le aspettative, anzi… quanto a Law in genere sì, se crede nel ruolo allora il suo coinvolgimento è totale (e ci si accorge della differenza rispetto ad altre partecipazioni più “alimentari”, diciamo così).

    1. Mi ha sorpreso, perché non è facile, con cotanta tradizione alle spalle, fare qualcosa di fresco. E comunque ti tiene incollato allo schermo. Da applausi.

  5. me lo cerco ❤

    1. Molto cazzuto!

  6. ci voleva qualcosa che facesse provare nuovamente le stesse sensazioni di Das Boot!

    1. Das Boot è un altro livello. Quello è il capolavoro del genere sottomarino, almeno secondo la mia modesta opinione. Però questo si difende molto bene,

  7. Contentissimo sia un buon film, me lo cerco: dopo tanta Z ci vuole ogni tanto una A ^_^

    1. E io mi vedo assolutamente quella roba sui tentacoli delle Bermuda con Linda Hamilton 😀

      1. ahahah vedrai che filmone! Scopiazza da un botto di film SF storici, quasi un patchwork ^_^
        Che grinta Linda, a mostrarsi con tutte le sue rughe mentre le sue colleghe passano ogni istante di vita a sembrare più giovani 😛

        1. La Hamilton è troppo cazzuta per la chirurgia estetica

  8. mare che non ti ha mai dato tanto/ mare che fa bestemmiare ( cit . Bertoli)

    Lo guarderò senza ombra di dubbio, amo i film aspri, ma non cinici. E magari mi faccio piacere pure i film di Macdonald. Gli altri due mi erano piaciuti,ma con riserve.

    1. Guarda, io sto cominciando a dubitare della mia capacità di giudizio critico. Questo film sembra sia piaciuto solo a me. COme Chappie e altre cose che ultimamente sono stroncate a destra e a sinistra da tutti. Quindi, d’ora in poi, non fidatevi più di me 😀

  9. immaginavo ne avresti parlato, anche io curioso di andare a vederlo 🙂

    1. Ne stanno indistintamente parlando male tutti. Ma proprio tutti.

      1. Cavolo, mi era passato talmente poco di vista come pubblicità o trailer che ho scoperto solo OGGI che è uscito in Italia, da non rendermi conto che mi aveva già interessato e ti avevo già fatto elogio per la rece e il film.

        Ok la vecchiaia inizia a giocarmi scherzoni 😛

        1. ahahahahahahahah!
          Sì, non lo hanno pubblicizzato molto, però è lo stesso in parecchie sale, almeno qui a Roma. Io credo che me lo andrò a rivedere nel fine settimana.

  10. antonio · ·

    un film veramente avvincente, da l’impressione di essere tratto da una storia vera o comunque da una leggenda storica. Lo rivedrò con amici ai quali ne ho parlato.

    1. Sì, è molto avvincente e realistico. È stato davvero una grande sorpresa.