Ultime zampate del 2018

Complici le tanto sospirate vacanze di Natale, sono riuscita a recuperare una manciata di horror prima di stilare i consueti bilanci di fine anno (puntuali in arrivo sul blog il 31). Ovviamente non avrò mai il tempo materiale di recensirli uno a uno, quindi ecco pronta all’uso una puntata speciale delle pillole a loro dedicata, perché noi possiamo anche perderci qualcosa, nel corso dell’anno, ma alla fine arriviamo sempre ad aver visto più o meno tutto, col fiato corto e per il rotto della cuffia. Eppure ci siamo, anche questa volta. Un giorno dovranno darmi un premio per la mia opera meritoria, porca miseria, ché sono una vera filantropa.
Ma non frapponiamo ulteriori indugi e tuffiamoci in questa carrellata di fine anno: c’è un sacco di roba buona e ce n’è per tutti i gusti.

Hell Fest ha fatto una fugace capatina nelle sale italiane ad Halloween, ma lo proiettavano in tre cinema in croce e a orari improponibili, così, rosicando come non mai, l’ho perso, e credevo che non sarei riuscita mai a vederlo entro la fine del 2018; invece ha prevalso la mia cocciutaggine e, dopo mesi di affannose ricerche, l’ho trovato proprio all’ultimo istante.
Di sicuro non comparirà mai in nessuna classifica degli horror migliori dell’anno, di sicuro non porta al genere alcun tipo di novità, di sicuro è tutto già visto, stravisto e anche masticato e digerito. Eppure è divertentissimo.
Dirige Gregory Plotkin, il montatore di Get Out ed Happy Death Day, alla sua seconda prova dietro la macchina da presa; nel cast, Hell Fest può vantare la presenza quella faccia da schiaffi adorabile di Bex Taylor-Klaus, di solito ragion sufficiente per sedersi e passare un’ora e mezza in compagnia di un film qualunque; soprattutto, è la miglior variazione sul tema hauted house mai prodotta fino a oggi, un sotto genere che sta avendo una certa fortuna, ma non ci ha mai regalato grandi cose. Dovete sapere che io ci ho provato ad andare in una haunted house e ho resistito circa cinque minuti, prima di essere estratta dallo staff, quindi non sono proprio un’amante di questo tipo di attrazioni. L’Hell Fest del titolo è un gigantesco parco dei divertimenti a tema horror dove, la notte di Halloween, un gruppo di amici va a passare una serata spensierata a base di spaventacchi a buon mercato. Ma c’è un vero assassino nascosto tra gli attori e i pupazzi in cartapesta, ed è difficile distinguere tra realtà e finzione in un contesto simile.
Al di là dell’ambientazione, Hell Fest è uno slasher che più tradizionale non si può, con un paio di omicidi crudelissimi e tanta voglia, da parte del regista e degli interpreti, di cazzeggiare e intrattenere. Nulla per cui strapparsi i capelli, ma una visione la vale assolutamente. Potrebbe diventare un classico di Halloween, in un futuro non troppo lontano.

Quando anche gli austriaci ti fanno il culo, e persino su quello che, fino a 35 anni fa, era il tuo terreno privilegiato, ovvero il Giallo, è il caso di cominciare a preoccuparsi: Die Hölle o, da titolo internazionale, Cold Hell, è infatti un thriller austriaco con parecchi rimandi e strizzatine d’occhio varie al glorioso Giallo italiano, ed è un gran bel vedere. Diretto dal veterano del genere Stefan Ruzowitzky  (forse qualcuno si ricorda il suo Anatomy, con Franka Potente), il film racconta della giovane autista di taxi Özge, cittadina viennese ma di origini turche, che scopre un cadavere nell’appartamento di rimpetto al suo; purtroppo l’assassino si accorge di lei e inizia una persecuzione che la ragazza è obbligata ad affrontare per la maggior parte del tempo da sola, perché la polizia non ha alcuna intenzione di darle retta, a causa delle sue imperdonabili mancanze: è femmina e non è di pura razza ariana. Dovrà subire un’aggressione da cui esce viva per miracolo, perché un ispettore decida di offrirle un minimo di protezione e di prendere sul serio la sua testimonianza.
Cold Hell non è propriamente un horror, lo abbiamo già detto, ma è un film di genere che non si vergogna di sporcarsi le mani col sangue, di rimestare in tematiche politiche anche abbastanza scomode e non lesina né in effettacci né in sequenze di pura azione, tra cui spicca un lungo, estenuante combattimento corpo a corpo all’interno di un taxi in corsa per le strade di Vienna che sarà una gioia per i vostri occhi stanchi. Se volete, trovate il film addirittura su RaiPlay, ma doppiato, perché nella vita mai una gioia. Certo, meglio che niente, ma, oltre a provare il desiderio di ficcarvi un punteruolo nelle orecchie, vi perdereste l’interpretazione sorprendente di Violetta Schurawlow nel ruolo di Özge.

Disponibile da pochi giorni su Netflix, Bird Box segna il graditissimo ritorno alla regia di Susanne Bier, a cui si vuol bene a prescindere, e se ne vuole ancora di più dopo aver assistito a questa ennesima vicenda apocalittica tratta dall’omonimo romanzo di Josh Malerman. La premessa indispensabile è che, per quanto possa venirvi naturale farlo, non bisogna assolutamente pensare a A Quiet Place, perché i due film non hanno niente a che spartire l’uno con l’altro, se non a una visone molto superficiale delle cose e, oltretutto, Bird Box è stato pubblicato nel 2014, ben quattro anni prima del film di Krasinski.
Chiariti gli equivoci, Bird Box è la storia di una inusuale fine del mondo, in cui lo sterminio dell’umanità passa attraverso lo sguardo: da un istante all’altro, la gente comincia a suicidarsi dopo aver visto qualcosa di non meglio specificato. L’unico modo per sfuggire alla morte è non uscire, oscurare tutte le finestre e, se proprio si è obbligati ad andare in giro a cercare provviste, mettersi una bella benda sugli occhi. Si tratta di misteriose creature con la capacità di assumere la forma dei tuoi terrori, le tue angosce più profonde, gli abissi della tua tristezza. Non esiste una cura, non esiste salvezza, l’unica speranza è un posto sicuro raggiungibile solo attraversando un fiume. Ed è un viaggio che la protagonista Malorie dovrà fare, insieme ai suoi due bambini.
Non vi voglio né posso dire altro a proposito della trama, però vi posso dire che Sandra Bullock, per imperscrutabili motivi da sempre osteggiata e considerata poco capace, è straordinaria. In un piccolo ruolo, c’è anche Sarah Paulson e, se non vi basta, io non so davvero cosa altro aggiungere.

E veniamo ora a un titolo che entra di diritto in un’eventuale (che non farò) top 10 dei migliori horror dell’anno, nonché al film che se la batte con Hereditary per il podio del terrore puro, assoluto, paralizzante, da non dormire la notte.
Aterrados o Terrified (da non confondere con Terrifier) è un horror soprannaturale di nazionalità argentina, scritto e diretto da Demián Rugna ed è uno di quei rari casi di opera spaventosa per davvero, ma non nel senso di jump scares e affini. È un film spaventoso per ciò che racconta e per come lo racconta, strappando l’essere umano dal ruolo di protagonista e tramutandolo in vittima accessoria di una forza talmente più grande di lui da passargli sopra con la noncuranza di un bambino che schiaccia una formica.
È ambientato in un quartiere di Buenos Aires dove cominciano a succedere cose molto strane, soprattutto in tre case contigue. Tre studiosi di paranormale e un poliziotto si troveranno a passare la notte in quelle tre case, per indagare gli eventi e, signori miei, ci sarà da farsela addosso a più riprese, senza neanche uno sbalzo di volume, senza neanche uno dei trucchetti cui siamo tutti avvezzi, solo grazie a una concezione di soprannaturale che è peggio di un cataclisma, che non puoi fermare, contro cui non hai alcuna possibilità di vincere.
Alcune sequenze mi stanno accompagnando da giorni, non riesco a liberarmene; alcune scelte narrative sono così coraggiose e inaspettate che ancora fatico a crederci. Il mio unico rimpianto è di non averlo visto prima.
Il film è piaciuto così tanto a Guillermo del Toro da farlo mettere subito all’opera per la produzione di un remake americano, con lo stesso Rugna alla regia.

E con questo, abbiamo finito; ci sentiamo il 31 per tirare un po’ le somme di quello che il cinema dell’orrore ci ha offerto nel corso di questo 2018, tra grandi amori e cocenti delusioni, e per scoprire qual è stato, secondo la vostra affezionatissima, l’horror dell’anno. Si accettano scommesse. A lunedì!

9 commenti

  1. Blissard · ·

    I primi due non li ho visti, gli altri due li ho visti e non mi hanno convinto quasi per niente.
    Bird Box è drammaturgicamente “sbagliato” (i due piani temporali annullano il pathos relativo al flashback) e non riesce per niente a fare quello che invece fa egregiamente A Quiet Place: mostrare come si possa sopravvivere in un mondo in cui una “facoltà” ti viene preclusa; in AQP ci sono i sentieri di segatura, i segnali sulle travi di legno, il linguaggio dei segni e mille altri particolari, in BB che c’è? La benda e poi? Il navigatore con sensore di prossimità? Bah…
    Aterrados l’ho trovato riuscito nelle singole scene ma complessivamente non regge, annia persino. Ma ai più è piaciuto quindi vuol dire che ho torto io.

  2. Dove lo si può rimediare Aterrados??

    1. Giuseppe · ·

      Se alla padrona di casa non dispiace 😉 , mi permetto di segnalare un link…
      https://ulozto.net/!NXURrOEXU7sd/aterrados-2017-1080p-amzn-web-dl-ddp2-0-h-264-ntg-mkv
      (avvertenza: da utente free e quindi da “slow download” ci si mette un po’…)

      1. … intendevo comprare il DVD…

  3. Bene colpa tua Lucia mi sono presa della rimbambita bisognosa di badante, da monitorare a vista, ho messo su “Die Hölle” e mi sono dimenticata del bollitore del tè sul fuoco. insomma il film horror lo stavo vedendo in casa mia. Fortunatamente tutto bene. Allora il film è bellissimo, mi è piaciuto parecchio, molto realistico e trattandosi di un serial killer, parecchio inquietante. Alcune scene da manuale, e alcune battute memorabili che non spoilero, (ma l’unico tuo Dio è piccolo piccolo, o qualcosa del genere merita, detto da un’ incattivita Özge che quando si arrabbia è un pericolo pubblico). Mi è piaciuta l’ambientazione viennese (non la solita Vienna caffè e Sachertorte) ma la vita dura dei taxisti di notte, i centri antiviolenza per donne maltrattate, le scuole di boxe, i figli che si tengono a casa gli anziani genitori un po’ fusi… Essendoci Tobias Moretti non poteva mancare un pastore tedesco, ma va beh. Merita un’analisi più approfondita. Se mai lo rivedo e la scrivo. Grazie di questo regalo, l’avrei perso se no.

  4. The Butcher · ·

    Devo dire che Atterados mi incuriosisce molto. Chissà se lo porteranno mai da noi (Midnight Factory magari?). Per quanto riguarda gli altri ho solo visto Hell Fest, che mi ha intrattenuto bene, e Bird Box, che ho apprezzato e di cui non capisco il paragone che fanno con A quiet Place (anche se personalmente preferisco quest’ultimo).

  5. gherardopsicopompo · ·

    Sapevo che avresti apprezzato Bird Box! 😁 A me è piaciuto un sacco, e concordo nel domandarmi perché Sandra Bullock sia così sottovalutata… Al contrario del primo commentatore, inoltre, ho trovato interessante la narrazione intrecciata. Per quanto mi riguarda, chissenefrega se mi “spoileri” come va a finire il flashback, purché lo racconti bene…

  6. ma che vuoi scommettere! L’horror dell’anno è Hill House ^_^

  7. ATERRADOS FILM DELL’ANNO! Non perchè sia più geniale o più culturale o più intellettuale o più orginale (etc etc) degli altri, ma perchè è un giro sulle montagne russe che dura un’ora e mezza, e terrorizza e incanta nel modo migliore. Davvero divertente, da vedere con gli amici, spettacolare al cento per cento.
    Devo dire che mi ha messo in diversa prospettiva tutti gli altri horror visti di recente, perchè a differenza di tanti titoli decantati ma che alla fine propongono un orrore centellinato, o mischiato a mille altre cose, o diluito, o eccessivamente autoriale, questo film offre a piene mani tutto quello che l’horror più “viscerale” può offrire. Alza sempre il tiro, non molla mai, non si dilunga, attacca duro, a volte con colpi sotto la cintura, e quanto “disturba”!
    Per me vincitore assoluto personale.