Cara Patty

Lo sai che il momento più emozionante di Wonder Woman, per me, è stato vedere il tuo nome come primo cartello in coda? 
Directed by Patty Jenkins
. Io non credo che la portata di quel titolo sia quantificabile, non credo che a molti sia chiaro cosa significhi vedere il nome di una regista associato a un cinecomic da 149 milioni di dollari (sempre un centinaio di meno di BvS, ma sono sottigliezze) che, tra le altre cose, recupera i costi nel primo fine settimana di programmazione senza che alla Warner abbiano fatto uno straccio di marketing efficace e adeguato.
Lo sai quanto tempo è passato dall’ultimo blockbuster estivo diretto da una donna, Patty? Diciannove anni. Il film era Deep Impact e dietro la macchina da presa c’era Mimi Leder, che poi è sparita in tv e ora sta ottenendo parecchi riconoscimenti per la serie The Leftovers.
Quasi un ventennio, quindi, prima che arrivassi tu e ci portassi Wonder Woman.
Ora, io lo so che la DC/Warner cavalca l’onda di una maggiore attenzione a certe problematiche e che doveva per forza essere una donna a dirigere il primo film di supereroi con una protagonista femminile, come anche alla Marvel, se non avessero chiamato Ryan Coogler a dirigere Black Panther, sarebbe successo il finimondo. Ma essere a conoscenza di questi meccanismi non diminuisce l’importanza di quello che hai fatto.

Sei arrivata a risollevare le sorti dell’universo condiviso più disastrato di Hollywood, dopo lo psicodramma di Suicide Squad, e con il dovere di scuderia di creare un minimo di aspettativa per la futura Justice League; sei arrivata e in te non ci credeva nessuno, forse neanche la stessa DC; sei arrivata con delle pressioni addosso che la metà mi porterebbero al ricovero immediato, e hai fatto il tuo film, nonostante tutto un gran bel film che per la prima volta azzecca in pieno quello che Snyder cerca di fare da anni balbettando e mancando il bersaglio, ciò che dovrebbe costituire la differenza principale e sostanziale tra i semi-dei DC e i ragazzotti della Marvel: sei riuscita a riempire il tuo film di senso del divino, non con il tormento, non con la psicosi dell’Uomo d’Acciaio, ma con l’ingenuità di una creatura che per la prima volta si affaccia al mondo e lo scopre in tutta la sua bellezza e in tutto il suo orrore.

Ecco, la tua Diana non è, come ha scritto qualcuno, una stupida, la tua Diana è una divinità bambina, vissuta da sempre in una bolla che ha il suo primo impatto con la realtà. Ci sarà tempo, negli eventuali seguiti, di diventare problematici, post-moderni, consapevoli, di sfondare la quarta parete, di ironizzare sulla propria condizione. Ma non in questo primo film. Qui Wonder Woman è tetragona e sì, un po’ di coccio, perché pensa in termini assoluti e non conosce le sfumature. La sua bontà, il suo senso di giustizia, i suoi valori non ammettono di essere discussi, esistono e basta. In un certo senso, questa Diana da te messa in scena, è un ritorno alle origini del concetto stesso di supereroe, un ideale totalizzante che all’ambiguità tipicamente umana si adatta a fatica.

In un certo senso, Patty, hai gettato nel cestino un decennio di cinecomics, rischiando con questa operazione di farti ridere dietro, ché nel 2017 digerire un’impostazione simile richiede una maggiore sospensione dell’incredulità e anche un minore distacco cinico. Wonder Woman è un film molto lineare, diretto, che non si mette lì a sciommiottare i cugini rivali della Marvel ma cerca, disperatamente, la sua identità. Una identità che è prima di tutto stilistica. Qui purtroppo ci sarà sempre lo zampino di Snyder che ha dato quell’impronta cupa e desaturata ai  film del DCEU sin a partire da Man of Steel. Ma tu, Patty, lo hai comunque fregato: insieme al tuo direttore della fotografia Matthew Jensen, sei riuscita a dare al film degli sprazzi di solarità, in particolare nella prima parte ambientata sull’isola, mancante in tutti gli altri film della DC. E comunque, è la tua Wonder Woman a essere solare quanto basta e quanto un eroe targato DC non era mai stato. Neanche la stessa Diana nella sua breve apparizione in BvS.

Certo, nell’ultimo terzo del film, quello dedicato alla battaglia finale, hai dovuto pagare pegno anche tu allo snyderismo imperante in casa Warner e, con meno soldi a disposizione, hai girato uno scontro molto convenzionale, tipico dei cinecomics e persino un tantinello cheap, se mi permetti questa obiezione. Ma, davvero, non è così importante, lo sappiamo che la gente va al cinema per vedere le mazzate affette da gigantismo e bisogna dargliele, prima o poi. Ciò che davvero conta è come tu sia stata in grado, per le due ore precedenti, di girare uno dei cinecomic più interessanti e meno convenzionali da quando il cinecomic è diventato un genere cinematografico a sé.
Hai regalato al primo personaggio femminile con un ruolo da protagonista assoluta una scena dal respiro epico incommensurabile, come quella in cui Diana attraversa da sola la terra di nessuno uscendo dalla trincea, una dea che cammina in mezzo ai mortali, non ancora conscia del suo stato divino, ma abbastanza potente da far sospendere in un ralenty infinito il primo conflitto mondiale. Una dea incarnata in un corpo femminile (quello splendido di Gal Gadot, che con un sorriso potrebbe spaccare la lente degli obiettivi della MdP) che non diventa mai oggetto sessuale, ma sempre emanazione di grazia, eleganza, bellezza e potere.

“Gal, ti prego sorridi di meno che ci crini gli obiettivi”

Il cinema, soprattutto quello più commerciale dei blocbuster, è ancora un territorio a stretta dominazione maschile. Non lo dico io, lo dicono i numeri: l’ultimo cinecomic diretto da una donna è stato The Punisher: War Zone di Lexi Alexander e risale a un tempo in cui ancora il cinema di supereroi  non era codificato come è oggi e la Marvel neppure aveva iniziato sua la Fase Uno; il film è stato anche un flop e la carriera di Alexander si è chiusa lì. Tra quel tentativo e il tuo Wonder Woman non c’è stato niente. In ambito indie le cose vanno un po’ meglio, come tu dovresti sapere bene, dato che il tuo esordio è stato un film indipendente, Monster, con cui hai fatto vincere un Oscar a Charlize Theron che, prima di allora, nessuno considerava come un’attrice vera.
Ma poi anche tu sei sparita: hai fatto un po’ di tv e più niente. Non avrei mai pensato di ritrovarti al timone di un film come Wonder Woman. Non avrei mai pensato di vederlo, un film come Wonder Woman.
Io non lo so perché alla Warner ti hanno scelta, non so se lo hanno fatto perché credevano nella tua visione o perché ti hanno preso per la gola, dato che non facevi un film dal 2003 e hanno pensato che avessi così tanto bisogno di lavorare da non essere particolarmente esigente. Ma so che hai fatto il tuo film, a differenza di un tuo collega molto più quotato come David Ayer, hai comunque imposto la tua mano e la tua sensibilità, hai reso un progetto in partenza molto complicato il tuo progetto e si vede a ogni fotogramma quanto questo film ti appartenga: è una filiazione diretta di Monster, è la storia di una donna che affronta un percorso complicato e doloroso di confronto con la realtà e con se stessa e, al di là del realismo proletario del tuo esordio, ci sono parecchi tratti in comune, nel segno di un percorso che non mi vergogno a definire d’autore.

È difficile adesso, a poche settimane dalla distribuzione di Wonder Woman, stabilire le ripercussioni che il successo del film avrà sulla posizione delle donne a Hollywood e sul futuro dei cinecomic in generale. Per esempio, ho letto che ancora non hai firmato per il seguito e non riesco a biasimarti se preferisci dedicarti ad altri progetti e non restare incastrata a vita nel DCEU. Ma di una cosa sono sicura: hai aperto una strada e nessuna di noi ti ringrazierà mai abbastanza per averlo fatto. Non c’era bisogno di dimostrare che una donna sapesse dirigere delle scene d’azione: abbiamo tanti esempi validi a riguardo e, anche se non ce ne fossero, l’idea che esistano tematiche e stili che una donna non può affrontare è una leggenda priva di senso. Ma ancora c’è la convinzione che una donna non abbia l’energia e la forza sufficienti a tenere in piedi un set difficile come quello di un blockbuster, che una donna sia più adatta a piccoli film, intimi e introspettivi, che la cosiddetta sensibilità femminile mal si adatti a un’opera dove dei tizi in tutina si gonfiano di botte.
Tutte cazzate, ovviamente. Ma serviva un film come il tuo per dare la prima spallata a questo castello di cazzate, per creare le prime crepe che un giorno lo faranno crollare.
E quindi, grazie. A te, a Gal Gadot, alla Warner che ci ha creduto, agli spettatori che hanno affollato le sale, e ancora e soprattutto a te, che mi hai fatto piangere con un titolo di coda. Ora io vorrei che non fosse più necessaria la presenza di una protagonista femminile pera affidare a una donna la regia di un film da 140 milioni di dollari, come vorrei che non fosse necessario un supereroe africano per fare la stessa cosa con un regista di colore. Però so anche che i grandi cambiamenti arrivano per gradi e che questi sono passi importanti per un cinema, anche commerciale, dove il genere di chi si trova a capo del set non sia materia di discussione.
Ed è anche merito tuo se, oggi, quel cinema mi appare un po’ meno lontano.
Ti voglio bene, Patty, anche se tu non sai neanche che esisto.

22 commenti

  1. Martina · ·

    Esattamente. 😊

    1. Piaciuto il film?

      1. Martina · ·

        Non l’ho ancora visto, ma come te riflettevo sul fatto che, finalmente, è arrivato un cinecomic diretto e interpretato da donne straordinarie.

  2. Uno dei migliori post che ho letto dedicati a Wonder Woman. Brava!

    1. Grazie! Diciamo che ne sono rimasta abbastanza colpita 😀
      Soprattutto, mi ha coinvolta moltissimo emotivamente.

  3. Giuseppe · ·

    Mi piacerebbe che Patty potesse leggerlo in qualche modo, questo tuo post 😉
    Non ho ancora visto il film, ma della sua Wonder Woman -e dell’interpretazione di Gal Gadot- ne sento parlare talmente bene che chissà non tocchi davvero a lei rappresentare la svolta di cui l’esausto e snydercentrico (non che l’artefatta sofferenza e “profondità” Nolaniana potesse esserne l’alternativa, beninteso) DCEU cinematografico ha assolutamente bisogno…

    1. Ma la sofferenza Nolaniana può andare bene per un progetto d’autore, singolo, a sé stante: per un universo condiviso, diventa davvero difficile azzeccare una formula che accontenti tutti. Questa idea di tornare alla Golden Age, secondo me è vincente perché al cinema non ha precedenti, a parte il Superman di Donner, ma si tratta di 40 anni fa.

  4. Vedo Mercoledì poi ti racconto

  5. Come non essere d’accordo con questa fantastica recensione! 🙂

  6. è sicuramente il post migliore che potesse essere scritto su Wonder Woman e sulla sua regista
    sinceramente, prediligo di gran lunga la Marvel alla DC, ma qui si parla di gusti strettamente personali, che per altro si sono sposati, in un qualche modo con “Suicide Squad”, che ha avuto il pregio di farmi conoscere ed innamorare di Harley Quinn, un’anti eroina come ce ne sono poche…
    non ho ancora visto il film, ma ci andrò, e con sguardo molto molto benevolo

  7. The Butcher · ·

    E’…è stupendo!
    Probabilmente uno degli articoli più belli che abbia letto. Riesco davvero a leggere le emozioni che hai provato non solo verso il film ma anche verso Patty. Il successo di Wonder Woman è importantissimo e c’è ancora gente che non se ne è resa conto. Spero vivamente, dopo questo, di vedere altre donne alla guida di film di questa portata.
    Questa donna si merita tutto il mio appoggio e rispetto!

    1. E io non so come ringraziarti ❤

  8. Beautifully written, made me teary.
    Did you read this? Hopefully she will be there for the sequel, she wants to be –
    http://etcanada.com/news/232330/wonder-woman-director-patty-jenkins-is-ready-to-direct-the-sequel-says-film-came-at-a-perfect-time/

    1. Thank you. The movie made me teary. Is one of the best movie based on comic book I ever seen.
      I hope Jenkins will direct the sequel. They have to give her a lot of money!

      1. She has the leverage now, so I think they will. It is still breaking records so they would be insane not to. Pus her and Gal Gadot became close friends so if they want her they will almost have to hire Patty. I think it is a matter of negotiating and hopefully giving her more free reign – no more Snyder influence to deal with. A lot of people also are talking of a prequel based on the Amazons – I just love this – Wonder Woman will be for girls what Superman was for boys in the 70’s – and it is about time.

  9. L’ha ribloggato su Suzanne Robb.

  10. […] come sempre vi suggerisco un’occhio anche sulle recensioni di Lucia e del buon […]

  11. qui invece c’è la recensione di uno che non ha capito nulla del film
    http://www.bossy.it/pretty-wonder-woman-una-supereroina-sul-campo-minato-di-hollywood.html

    1. Vabbè… Io evito di commentare

  12. Ho letto la tua recensione. Bellissima. Trasuda amore per il film, per la regista e per Gal Gadot.
    Poi ieri sera l’ho visto e ho avuto il dubbio di non aver visto lo stesso film.
    Ho letto e riletto la tua recensione e proprio non ci riesco a ritrovarmi.
    Premetto che della diatriba Marvel contro DC fotte una sega e che pur conoscendo la genesi fumettistica di Wonder Woman non sono un purista che pretende coerenza tra film e fumetto, anzi.
    Ma alla fine ho visto un film appena passabile mortificato da un finale imbarazzante.
    Gal Gadot è bellissima e soprattutto bravissima (ora posso dirlo tranquillamente, lei è Wonder Woman) e pure Chris Pine fa egregiamente il suo mestiere.
    L’alchimia si sentiva, eccome.
    Ma il resto è veramente difficile da digerire.
    Tutti gli altri personaggi “i bastardi senza gloria dei poveri” e la “segretaria” sono delle macchiette incolori e chi se li ricorda più finito il film.
    I cattivi “comprimari” inconsistenti, senza spessore e quasi da operetta.
    Ares? Lasciamo perdere.
    La cosa che mi fa rabbia è che si tratta di ottimi attori mortificati da una sceneggiatura imbarazzante.
    Vedere Davis Thewlis (qualcuno sta guardando la terza serie di Fargo dove interpreta un cattivo che non se ne vedevano da un pezzo ed in cui da una grande dimostrazione di bravura) mortificato da quei dialoghi mi ha fatto piangere il cuore.
    Ma pure Danny Huston, che dispiacere.
    Faccio pure fatica a farmi una ragione che la regista è Patty Jenkins, quella di “Monster” un film che ho amato e continuo ad amare tantissimo.
    Meno male che alla fine c’era Gal Gadot. Ma purtroppo non basta.
    Alla fine non capisco se la mia è insensibilità e quindi non sono riuscito a cogliere quello che hai colto tu.
    Va beh. Pazienza.

    1. Ma io non credo sia un fatto di sensibilità. Il film i suoi difetti li ha, e sono quelli imputabili a ogni cinecomic, escluse rarissime eccezioni. Io credo solo che, rispetto ad altri film dello stesso filone, abbia parecchie marce in più.