Krampus

newposter-krampus Regia – Michael Dougherty (2015)

Alla buon’ora.
Lo so che siamo fuori stagione, ma i nostri distributori hanno deciso per noi e, un film che doveva uscire in sala sotto le feste, diventa reperibile solo a marzo, perché non c’è stato il coraggio di mandarlo al cinema in un periodo che, quest’anno, è stato occupato da zalone (minuscola voluta, non è un refuso). Io credo che sia stato un errore madornale: Krampus è costato 19 milioni di dollari e ne ha incassati 61 in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, è stato distribuito due settimane prima che Episodio VII invadesse i cinema e non mi pare che si sia lamentato nessuno: l’opera seconda di Dougherty si è difesa alla grande, ha superato le aspettative, mietendo consensi non solo da parte del pubblico, ma anche della critica, specializzata e non. Molti lo hanno inserito tra i migliori horror del 2015 e, dopo essere finalmente riuscita a vederlo, il mio rammarico aumenta: Krampus è sicuramente tra le migliori pellicole dell’orrore dell’anno passato e non aver avuto modo di andare in sala sotto Natale a goderselo è stato un gran peccato. Con l’atmosfera natalizia sarebbe stata tutta un’altra cosa.
Perché, come aveva già fatto con Trick’r Treat per la notte di Halloween ormai quasi dieci anni fa, Dougherty realizza l’horror natalizio per eccellenza, quello che ogni amante del genere sentirà l’obbligo morale di vedere ogni santo 24 dicembre da qui all’eternità. Krampus è il classico film che finisce per passare di generazione in generazione, per essere tramandato e diventare il sottofondo fisso delle celebrazioni di fine anno.

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Il cinema horror natalizio (e lo sappiamo bene su questo blog) è sempre stato un filone particolare. Paradossalmente, non ha una grossa tradizione a livello di orrore soprannaturale. Moltissimi dei film ambientati sotto le feste (se si escludono lodevoli eccezioni come Rare Exports) non sfruttano a dovere il lato macabro del natale; si tratta spesso di slasher, con un maniaco assassino vestito da Santa Claus che fa strage di giovani ubriachi e intenti  a far sesso promiscuo, tradendo così la sacralità di quel determinato momento dell’anno; oppure sono malinconiche ghost story, che del natale prendono soltanto l’atmosfera, per sottolineare la solitudine dei personaggi.
La stessa figura, derivata dal folklore, del Krampus, ha pochi precedenti. Lo specchio oscuro di Babbo Natale, il suo contraltare maligno che viene a dispensare punizioni, invece che a regalare balocchi ai bambini buoni. E che non si ferma, mai, fino a quando l’ultimo dei responsabili della perdita dello spirito natalizio non viene risucchiato in un regno d’ombra.
Se realizzare un horror su Halloween è, sempre fino a un certo punto, una faccenda relativamente semplice, data la natura stessa della festività, imbevuta di cultura dell’orrore, farne uno di stampo natalizio è appena più complesso, soprattutto se si vuole mantenere, da un lato, un tono leggero e da commedia per famiglie (Krampus è un PG13) e dall’altro, al contrario, andarci giù pesante nei reparti cinismo e cattiveria, senza però mai perdere di vista l’umanità dei personaggi, senza, quindi, tramutarli in macchiette facenti funzione di carne da macello.

I titoli di testa di Krampus, da questo punto di vista, sono significativi, rappresentano quasi una dichiarazione d’intenti: l’isteria e il caos di un grosso centro commerciale in prossimità del Natale, risse che scoppiano per accaparrarsi i prodotti, genitori che obbligano i figli a sorridere nel corso della rituale fotografia sulle ginocchia di Babbo Natale e bambini che litigano durante una recita scolastica. E, mentre scorrono queste immagini, tutte rigorosamente a ralenty, ci sorbiamo una bella canzoncina natalizia dall’inizio alla fine.
Siamo più nel campo della satira che in quello del cinema dell’orrore. E restiamo fermi in questo territorio per una mezz’oretta buona.
Quando vediamo il Krampus entrare in campo per la prima volta.
E qui Dougherty è eccezionale: costruisce una sequenza di puro e semplice terrore, ci prende a schiaffoni, dimostrandoci che, in questo film, non ci sarà pietà per nessuno e mantenendosi sempre nei doverosi confini del cinema, all’apparenza, per tutta la famiglia.

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È un film subdolo, Krampus, sottilissimo. Ti illude di star andando in una certa direzione, ti rassicura, perché non potrebbe fare altrimenti e, invece, sterza all’ultimo istante e aggiunge uno strato di perfidia alla patina scintillante con cui, apparentemente, è realizzato. È come se Dougherty ci mostrasse una superficie liscia e immacolata, posta però a copertura di un abisso di sporcizia secolare. Ecco, Krampus fa questo effetto. Lo si può vedere ridendo e divertendosi (a volte la comicità è davvero fragorosa e irresistibile) e poi sentire un brivido di inquietudine (e anche di angoscia) che scorre lungo la schiena.
Io lo so che l’aggettivo geniale è tra i più abusati sulla faccia della terra. Ma non è possibile definire in altro modo le dinamiche tra i personaggi di Krampus, i dialoghi che si scambiano, il modo in cui interagiscono tra loro. Sembra sempre di trovarsi a pochi centimetri dalla commedia di stampo disneyano e Dougherty ci arriva vicinissimo, la sfiora quasi, anzi, la tocca proprio, in alcuni frangenti. Poi cambia direzione, in un lampo la tenerezza diventa orrore, il sorriso un ghigno, i personaggi che pensavamo sgradevoli e sacrificabili mostrano il loro lato più umano e iniziamo a temere per loro. E la nostra prospettiva si modifica, continuamente. Non c’è una sola sequenza che può essere definita narrativamente statica, in Krampus. Tutto, nello spazio di una notte, si evolve e cambia. Di solito in peggio.

Non siamo di fronte a un festival del cinismo, sia chiaro. Al contrario, Krampus parte da una situazione di base che, tra rutti a tavola, conflitti di natura politica, vecchie e insopportabili zie alcolizzate, orribili ragazzine con l’anima di un bullo, sembra essere un manifesto del cinismo. Ma poi, e proprio grazie alla scelta di non far intervenire il Krampus e i suoi diabolici aiutanti troppo presto, i caratteri vengono fuori, insieme alle motivazioni, i rapporti si fanno complessi, sfaccettati. Insomma, emerge, tentando di essere sintetici, uno spessore che ci aiuta a spaventarci meglio.
E qui il merito non è soltanto di regia e scrittura, ma di un cast di caratteristi in gran spolvero, diretti nel migliore dei modi possibili, tutti lasciati liberi di esprimersi fino al limite esatto della caricatura e lì tenuti a freno: spiccano, su tutti, la meravigliosa Toni Collette, David Koechner e Conchata Ferrel, a cui spetta forse il personaggio migliore nel mucchio.

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È vero che il PG13 è una piaga sociale, ma è anche vero che lo si può aggirare, si può essere spietati senza dare l’impressione di esserlo. In questo senso, Krampus potrebbe addirittura sembrare, a un occhio poco attento, un’ennesima variazione sul tema della favoletta natalizia classica, con anche il suo bagaglio di buoni sentimenti, virata in chiave horror e neppure poi così tanto, perché poi il pubblico si impressiona.
Ma date un’occhiata alla successione delle morti, per quanto edulcorate dalla violenza viscerale, oltre a non essere mai prevedibili, sono anche coraggiose. E non potrebbe essere altrimenti, perché Krampus, andando a grattare sotto la superficie, è un horror puro. Fiabesco, quindi, come ogni horror puro che si rispetti. Un horror che vive nella tradizione di Stuart Gordon e, in generale, di quegli anni ’80 a cui guarda senza avere per questo la necessità di scimmiottarli. Gli anni ’80 di un cinema fantastico libero e anarchico, che aveva la forza di porsi sia come macchina perfetta di intrattenimento, sia come contenitore di paure dal valore universale.
Ed è universale il nostro terrore di diventare adulti, universale il desiderio di perpetuare un’infanzia vista come un momento felice e dorato che, lo sappiamo, non tornerà mai più indietro, a patto di restare cristallizzati per sempre in una bolla. O in una palla di un albero di Natale.

7 commenti

  1. elvezio · ·

    I Gremlins si son ritrovati improvvisamente degli ospiti sotto l’albero, altrettanto scassaballe e feroci (sebbene parecchio più inquietanti e, volendo, malinconici), credo che sarà una bella convivenza negli anni a venire, c’è spazio per tutti 🙂

    1. A Natale, dopotutto, si sta tutti insieme, no? 😉

  2. Giuseppe · ·

    Un mostruoso anti-Babbo Natale che non avrebbe mancato di colpire in positivo il pubblico, anche qua da noi… Se solo gli avessero lasciato qualche sala libera sotto le feste, maledetti 😦

    1. Niente, ce lo siamo dovuti vedere a marzo…

  3. […] arriviamo al film. Vi rimando a leggere i pareri in merito di Hell e Lucia, per comprenderne l’importanza. Vi dicevo che Krampus è, a tutti gli effetti, un film […]