Sicario

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Regia – Denis Villeneuve (2015)

La cosiddetta golden hour, in fotografia e al cinema, è quel particolare momento della giornata, subito dopo l’alba o subito prima del tramonto, in cui si ha una luce naturale ottimale. Dura poco, di solito, anche se può essere più lunga o più breve a seconda delle stagioni. Ma, con una approssimazione quasi decente, possiamo dire che si hanno dai 30 ai 45 minuti per girare. E, ve lo assicuro, sono davvero pochi.
In Sicario, ultima opera di Denis Villeneuve, il prodigio canadese che si è sistemato a Hollywood dando lezioni di cinema al 90% dei suoi colleghi e coetanei, viene quasi sempre usata la luce naturale e, in parecchie occasioni, si tratta di riprese effettuate all’alba o al tramonto. Con luci a cavallo, insomma.
Splendide, maestose inquadrature realizzate alla svelta. E quindi preparate molto bene prima, altrimenti tocca tornare il giorno dopo, alla stessa ora, e spendere un sacco di soldi. O magari sprecare una giornata intera di lavoro.
Credo siano tra le più belle inquadrature del film, nonché alcune delle cose migliori che avrete la fortuna di vedere in sala in questa stagione.
Sicario è un film che, se si ha la minima ambizione di voler fare i registi da grandi, andrebbe imparato a memoria. Taglio per taglio. Scelta per scelta. Panorama per panorama e primo piano per primo.
È un film che ti insegna che cosa è il cinema. Un film che costruisce la sua narrazione con la macchina da presa e, in seconda battuta, col montaggio.

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Non voglio ripetere cose già dette da altri. Se volete un parere sulla sceneggiatura del film (che, è vero, è debole, ma non nel senso di brutta. È debole perché è una struttura flessibile su cui innestare il mastodonte della regia di Villeneuve. In un certo senso, deve esserlo) e su come la macchina da presa l’ha trasformata, potete leggere qui.
Ho qualche difficoltà a parlare di film molto noti perché il rischio grosso e di ribadire l’ovvio. Per cui, leviamoci subito di torno le ovvietà: Emily Blunt e Benicio del Toro sono due attori che fanno spavento. Hanno, entrambi, una fisicità impressionante, sono capaci di trasmettere stati d’animo estremamente complessi con un gesto o con la postura del corpo. Certo, la Blunt ha quegli occhi così espressivi da stordirti e del Toro ha un volto che è un paesaggio. Ma provate a concentrarvi su come i due si muovono, come la loro presenza riempie l’inquadratura. È uno spettacolo nello spettacolo.
A far loro da spalla c’è Josh Brolin, per cui credo di aver esaurito gli aggettivi superlativi. E quindi, sì, è un’ovvietà gigantesca dire che Sicario può vantare una recitazione che, da sola, basterebbe a portare avanti la storia.
Altra ovvietà: Villeneuve, da un punto di vista tecnico, ha pochissimi rivali, conosce i mezzi a sua disposizione a menadito e, anche se è la prima volta che affronta in maniera diretta il cinema d’azione (perché di questo si tratta), sa esattamente quello che vuole e come lo vuole.
Ovvietà numero tre: Michael Mann e Kathryin Bigelow. E non aggiungo altro. Sono solo due punti di riferimento da tenere a mente quando si va a vedere Sicario.
Ora che abbiamo concluso con le ovvietà, parliamo un po’ di montaggio, che ne dite? E anche un po’ di etica, già che ci siamo.

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Prendiamola alla larga, che oggi mi è preso l’attacco di pedanteria: un film è una storia narrata attraverso le immagini. Una volta che le riprese sono finite, si ha quindi una serie di scene e inquadrature in successione numerica da mettere insieme. Il montaggio non è solo la messa in fila di queste inquadrature in successione numerica. Il montaggio è ritmo, il montaggio è scelta. Più di tutto, il montaggio è la vera anima del racconto. A fare il taglio fighetto sono buoni più o meno tutti. A usare il montaggio come raffinatissima (e invisibile) forma di narrativa, sono buoni in pochi.
Perché in un determinato momento ho bisogno di un primo piano? Cosa voglio raccontare con quel primo piano? E quanto deve durare (a volte in fotogrammi) perché quello che voglio raccontare con un primo piano arrivi allo spettatore? E cosa ci devo mettere, subito dopo per far avanzare il racconto ancora di qualche centimetro? Cosa devo lasciare fuori campo? O anche, quando devo far entrare qualcosa in campo?
Perché l’ingresso di una persona o di un oggetto (per chi ha già visto il film, di un elicottero) in campo sposta gli equilibri, cambia la percezione, veicola la tensione.
È come scrivere un romanzo, dopotutto. Solo che hai i fotogrammi al posto delle parole. Ma c’è lo stesso una precisa grammatica da seguire.

Sicario non è solo un film che dovrebbe essere visto all’istante da chi, da grande vuol fare il regista. È un film che dovrebbe essere visto all’istante da chi, da grande, vuole fare il montatore. Perché Villeneuve e il suo montatore Joe Walker hanno pesato ogni stacco in funzione del racconto. Ma non solo, hanno anche ponderato quanto e come tagliare, hanno spesso scelto di non tagliare, di utilizzare lunghe inquadrature dove, al posto del taglio in sé, per spostare l’attenzione del nostro sguardo, troviamo (tanto per fare un esempio) dei cambi di fuoco, che sono un’altra tecnica di stampo narrativo.
Sicario è stato costruito, mattone su mattone, per sfiancare lo spettatore, sottoporlo a una tensione costante, a uno stress emotivo che, per quanto mi riguarda, è diventato addirittura stress fisico. Sono uscita dalla visione con i muscoli contratti e un profondo senso di spossatezza, non solo mentale.
E, lo abbiamo accennato prima, la sceneggiatura del film non è il motore che muove la storia. Il motore, nel caso di Sicario, è rappresentato dalla tecnica e dall’estetica: montaggio, regia e fotografia (di Roger Deakins, su cui andrebbe aperto un capitolo a parte, ma purtroppo mi mancano le competenze in materia).

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Insomma, lo avete capito da soli che si tratta di Cinema Enorme e sapete cosa significa, da queste parti, Cinema Enorme: il professionismo estremo che sconfina in quella cosa indefinita che chiamiamo arte. Il tutto al servizio del cinema di genere (non fate gli stronzi, è cinema di genere, anche se Villeneuve è un autore) e con una morale di fondo in grado di triturare le ossa anche al più cinico e disattento degli spettatori.
Sicario è un film che, non grazie ai dialoghi, ma grazie ai gesti e al modo in cui la macchina da presa li cattura, riesce a mettere in crisi i tuoi valori e la tua etica. Un film che cammina su un filo sospeso nel vuoto e ti obbliga, insieme alla sua protagonista, con cui condividiamo la confusione, l’iniziale non capire, la devastante epifania e il rifiuto, a illuminare zone d’ombra che avresti preferito restassero nascoste.
È un’opera che non dà tregua e che ti mette in discussione. Come tutte le grandi opere, solleva molte più domande di quante risposte fornisca.
Soprattutto, è un’opera universale, perché la forma in cui è stata plasmata trascende dalla semplice trama, dall’ambientazione e dalla questione del traffico di droga. Non la sceneggiatura, non i dialoghi, non i personaggi.
La regia, il montaggio, quelle luci naturali al crepuscolo che sembrano uscite dritte da un film apocalittico.
Cinema puro. Che spettacolo meraviglioso.

16 commenti

  1. Uno dei film dell’anno insomma. Un po’ il braccio violento della legge del 2015 (se proprio dobbiamo fare un paragone)?

    1. Eh sì, è un paragone che ci sta. Alla fine, senza voler fare spoiler, i due film condividono la stessa idea di “ordine”

  2. Lucia leggerti è sempre una gioia immensa. Soprattutto le (tante) volte che scrivi cose come questa. E grazie perché continui a farlo.
    Detto questo sono d’accordissimo con te. Sicario è un film ENORME e Villeneuve è uno di quei registi di cui aspetto con ansia ogni uscita.
    Quello che ha colpito molto me è che sia il personaggio della Blunt che quello di Del Toro, in maniera diametralmente opposta, sono solo pedine nelle mani di qualcuno che agisce sempre nell’ombra (incarnato qui da Brolin in quanto rappresentante della CIA). E questo non solo inquieta ma terrorizza proprio! Sapere di essere impotenti, deboli perché inconsapevolmente usati, pedine di un disegno che non comprenderemo mai nella sua interezza è un qualcosa che non riguarda solo i protagonisti del film ma, in un certo modo, riguarda tutti noi. E’ per questo che Sicario fa un male cane.

    1. Grazie!
      La cosa ancora più atroce, secondo me, è che se Kate è una pedina inconsapevole, Alejandro è una pedina consapevole.
      Lui conosce gli scopi di Brolin, ma non gli interessano perché ha altre motivazioni.
      È un personaggio molto complesso, per come lo ha resto Villeneuve.

      1. Verissimo. Alla fine Alejandro è, prima di tutto, vittima di se stesso e della sua sete di vendetta, Che poi, a ben vedere, è qualcosa che Villeneuve ha indagato in ogni suo film, raggiungendo l’apoteosi in Prisoners.

  3. ottima recensione pienamente condivisa. Aggiungerei un riferimento al mio pallino personale, le inquadrature aeree che raccontano sempre la vastità del male (montagne di confine come volti di giganti urlanti sprofondati nella terra, visioni satellitari che mostrano il videogame della guerra, colonne di traffico alla frontiera tra due mondi). Dal punto di vista registico, il film dell’anno, e un bravo anche al sempre grande Brolin che si distingue in questi giorni anche in Everest (altro bel film nelle sale ora).

    1. Ah sì, le inquadrature aeree sono una meraviglia e, anche lì, rappresentano una scelta ben precisa e ricordano molto l’ultima opera della Bigelow.

  4. si vede domenica sera ❤ ❤
    non vedo l'ora *_*

  5. Giuseppe · ·

    Da un attacco di appassionata pedanteria c’è sempre da imparare, visto che è da parte di un addetta ai lavori, quindi prendila pure alla larga quanto ti pare! 😉 Tanto più che così si prende per mano il lettore aiutandolo a capire ancora di più quale sia la complessiva (alta) caratura cinematografica del film di Villeneuve… e preparandolo alla tensione emotiva che, come spettatore, potrà subire per via di quelle precise scelte tecniche/estetiche che hai descritto (e che riescono a esaltare ancora di più la bravura dei tre protagonisti principali).

    1. Ed è altissima e io non sono stata neanche in grado di descriverla appieno, perché il film va assolutamente visto. E in sala.

  6. “Non voglio ripetere cose già dette da altri”?
    Sei troppo fine per i gusti del pianeta… 😀

    Ovviamente vado a vederlo per colpa tua, eh…

    1. Vedrai che ne uscirai arricchito 😀

  7. Blissard · ·

    Splendida recensione, una delle migliori del tuo già notevole curriculum.
    Il film è una gioia per gli occhi. Qualche cosa non mi ha convinto tantissimo, tipo il machismo di fondo (come la Bigelow, sembra che Villeneuve abbia scelto una protagonista donna per far maggiormente risaltare la virilità degli sporchi omaccioni in scena) e una certa fascinazione per il male che alla mia veneranda età inizio a non tollerare più tanto.
    Nota a margine: considero scellerata la scelta del doppiaggio italiano di cancellare il bilinguismo dell’originale; che senso ha far parlare, in USA come in Messico, la stessa lingua? E infatti nel dialogo tra Del Toro e il boss si raggiungono vette di surrealismo involontario notevoli 😀

    1. Grazie!
      Il doppiaggio di Sicario è da denuncia penale. Andrebbe arrestato chiunque abbia partecipato a questo scempio ignobile

  8. Finalmente l’ho visto e non posso che condividere la tua splendida recensione. Che film spettacolare, intenso e doloroso. A tratti mi ha fatto pensare a un western, nelle versioni più crepuscolari del genere.
    Sul doppiaggio come dicevi sopra non si può commentare nulla, l’ho visto in italiano per pigrizia lo ammetto, ma me ne sono pentito.

  9. Aggiungo un dettaglio: una cosa su tutte riesce al film, trasformare il concetto di minaccia, affidandolo completamente a dettagli (visivi e di dialogo) e sfrondandolo di tutto quel bisogno di insistenza urlata al quale tanto altro cinema cerca di abituarci. Qui (grazie anche agli attori) bastano due parole, uno sguardo, e ti si stringe qualcosa dentro.