Burying the Ex

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Regia – Joe Dante (2014)

La carriera di Dante ha dell’inspiegabile. Come sia potuto accadere che un regista con il suo talento sia oggi obbligato a girare un film ogni cinque anni a budget ridicoli e, per il resto del tempo, vegetare in televisione, è un mistero. Perché Joe Dante non nasce proprio come un regista indie e di nicchia. Cresce sì alla corte di Corman, ma passa quasi subito a quella di Spielberg. Non solo I Gremlins, ma una serie impressionante di cult del cinema per ragazzi degli anni ’80, portano la sua firma. E poi, all’improvviso, senza una spiegazione, Dante sparisce dalla circolazione e di lui ci restano solo apparizioni sporadiche, come i due episodi della serie Masters of Horror. Il suo ultimo lungometraggio è del 2009: The Hole, che ho avuto la fortuna di vedere al Fantafestival.
Eppure, Dante continua a fare cinema, sempre a modo suo. A parte rare eccezioni, quello di Dante è sempre stato un cinema leggero, dove il registro predominante era quello della commedia, mischiata e imbastardita con tutti i generi del fantastico. E, anche quando si faceva più sul serio, come in quello che ritengo il suo capolavoro, La Seconda Guerra Civile Americana, restava al centro del discorso la necessità di far ridere, sebbene tramite argomenti di un certo peso, temi pesanti e difficili, messi però in scena con un profondo senso del ridicolo.

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Per cui non ci si deve stupire se, nel 2015, Dante torna dietro la macchina da presa per raccontare una storiella estremamente esile, una commedia sentimentale con l’elemento zombie a dare un sapore particolare al tutto.
Nonostante mischiare risate e morti viventi sia ormai cosa abusatissima, Burying the Ex riesce comunque a stupire e si fa guardare che è un piacere. Classico film estivo per passare un’oretta e mezza spensierata, ma non sciocca, in compagnia di un regista a cui dobbiamo tutti qualcosa e che, non avendo davvero più niente da dimostrare a nessuno e, soprattutto non avendo più nessuno che gli chieda di dimostrare qualcosa, sembra desiderare solo che lo di lasci divertire.

Max (Anton Yelchin) ed Evelyn (una Ashley Greene che diventa ogni giorno più brava) sono una coppia male assortita e tendente all’infelicità. Non hanno nulla in comune, se si esclude una certa intesa sessuale. Tutto ciò che interessa a lui fa ribrezzo a lei e viceversa. Solo che Evelyn è attaccata a questa storia in maniera quasi morbosa e Max, un po’ vigliacchetto, non ha il coraggio di lasciarla. La morte, sotto forma di un autobus, arriva a portarsi via Evelyn e a riempire di sensi di colpa Max che, travolto dal dolore, promette a una morente Evelyn amore eterno.
Neanche a farlo apposta, Evelyn prende questa promessa molto sul serio e torna in forma di cadavere ambulante in decomposizione a reclamare il suo fidanzato. Per sempre.
A complicare le cose, c’è anche l’infatuazione, ricambiata, di Max per Olivia (Alexandra Daddario), una ragazza che, a differenza di Evelyn condivide con lui la passione per il cinema dell’orrore e non lo ritiene un povero idiota perché va al cinema a rivedere per la trecentesima volta Cat People.

BURYING THE EX - 2015 FILM STILL - DO NOT PURGE - Ashley Greene as Evelyn - Photo credit: Suzanne Tenner RLJE/Image Entertainment release.

Non parrebbe, leggendo la trama, ma ci sono parecchie cose da dire su Burying the Ex: prima di tutto, è un film che fa ridere davvero. Questo avviene grazie a un’alchimia quasi magica tra tutti gli elementi di un cast in forma smagliante e diretti anche con precisione millimetrica. Dante sceglie le facce giuste, come ha sempre saputo fare, e le incastra tra loro alla perfezione. Yelchin sembra nato apposta per interpretare un ruolo simile, la Daddario esce momentaneamente dallo status di bomba sexy a cui Hollywood la sta relegando e ci mostra un personaggio buffo e insicuro, tirando fuori una goffaggine che fa tenerezza. Ma la vera sorpresa (neanche troppo, se si pensa a Kristy) è Ashley Greene che si divora il film ed eclissa qualunque altro attore presente in scena accanto a lei, con una fisicità straripante e dei tempi comici da applausi.

C’è poi da considerare il fattore nostalgico, che non si riduce mai all’ammiccamento sterile nei confronti del fan, ma è un atteggiamento sentito e sincero di Dante nei confronti del cinema che lo ha cresciuto e su cui si è formato, sin da bambino. Il cinema delle riviste come Famous Monsters of Filmland e di Forrest J. Ackerman, dei primissimi numeri di Fangoria e dei mostri di gomma in bianco e nero. Il cinema classico di Val Lewton e Jacques Tourneur, in un gioco di omaggi, rimandi e citazioni che arriva (e si ferma) fino alla Notte dei Morti Viventi visto in un cimitero ad Halloween. Dante non cita se stesso e la sua epoca d’oro, ma va indietro, a scavare in una cultura horror che è la base di quell’epoca d’oro. E non è un’operazione fine a se stessa, è una presa di posizione affettuosa, un debito che Dante sta saldando dai tempi di Matinee, un modo per dichiarare il proprio amore alle mostruosità che hanno segnato la sua vita e hanno reso il suo cinema quel divertentissimo e a tratti geniale veicolo di intrattenimento intelligente.

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Dante riesce a fotografare anche piuttosto bene una generazione che ancora tende a vivacchiare su una mitologia vecchia di decenni, quasi non ci fosse più nulla di recente a cui aggrapparsi per costruire la propria identità culturale. Max ha appesi nella sua stanza i poster (edizione italiana) di film degli anni ’50 e ’60 e, nel negozio di carabattole horror dove lavora, vede su un piccolo schermo tv La Frusta e il Corpo di Mario Bava, mentre il rito principale della notte di Halloween è quello di correre al cimitero ad assistere a un’opera che ha quasi mezzo secolo. Il cinema prodotto dopo il 1968 viene volutamente ignorato, come se non fosse esistito. E viene così ignorata anche la filmografia di Dante stesso e dei suoi coetanei. Quasi a voler dire che anche l’ondata di cinema fantastico degli anni ’70 e ’80 diventa povera cosa se paragonata a quella del silver screen. Oppure si tratta, semplicemente, di ammettere di essersi mossi su un terreno che era già stato preparato da altri, dai pionieri veri, il cui ricordo persiste oggi solo in qualche sfigato amante del vintage. O nei registi a fine carriera come Dante.
A cui nessuno chiede più niente.
E che si vuole solo divertire.

18 commenti

  1. Sista, i compari dei 400Calci lo hanno stroncato or ora, non lasciarmi solo nella difesa!

    1. Ho letto… io il sessismo non ce l’ho visto. Mi è parso più un divertissemant sul cinema dei tempi che furono…

      1. Concordo, il gico della parti è tipico della commedia, fuck the politically correct!

        1. E poi chi ne esce meglio è proprio la Greene

  2. L’unico film in cui la Daddario potrebbe garbarmi.

    1. Io l’ho vista solo nel sequel di Non Aprite quella porta… e poi sì, vabbè, in True Detective, ma ha una parte del tutto insignificante

      1. Io ho avuto IL PIACERE (per modo di dire) di vederla in San Andreas e ti dico, se non era per quei due occhioni da cerbiatta e il resto del corpo, neanche saprei che esiste, la Daddario.

        A me le bellone inutili nel recitativo sono sempre garbate ZERO

        1. Lei è bella, ma è anche brava. O almeno, dipende sempre da chi la dirige e da che ruolo le danno

          1. Può essere benissimo così, infatti in questo film potrebbe piacermi 🙂

  3. E’ tra le mie visioni imminenti, riapsserò a leggere il tuo commento il prima possibile 😉 Cheers!

    1. Grazioso e leggero… Ideale per una serata estiva

  4. Alla fine quanto è simile a “Life After Beth”? Dalla tua recensione mi sembrano due film ben diversi…

    1. Life after Beth è molto più sofisticato!

      1. Addirittura? Povero Dante 😛

  5. Giuseppe · ·

    Ormai le pause di Joe Dante fra un film e l’altro stanno diventando quasi kubrickiane… A maggior ragione fa piacere rivederlo all’opera. E quest’intelligente commedia zombesca (con i suoi omaggi e rimandi mirati) sembra valerne davvero la pena, di aver pazientemente aspettato per più di un lustro…

    1. Guarda, non è il suo capolavoro, ma si lascia guardare che è un piacere e ci sta benissimo in queste afose giornate 😉

  6. Ho una gran paura dei suoi personaggi teen, più cerco di convincermi e più sbatto contro la locandina e mi passa la voglia. Ma prima o poi ci provo 🙂

  7. marcellino248 · ·

    Non c’entra niente, comunque ti avviso che quando clicchi su “close and accept” sulla barra dei cookies ti porta sulla homepage.