Steven Spielberg Day: Ai Confini della Realtà

Twilight Zone The Movie

Regia – John Landis, Steven Spielberg, Joe Dante, George Miller (1983)

Oggi è il suo compleanno. 67 anni, una cinquantina di titoli diretti in carriera e, per quanto mi riguarda, la speranza che continui a fare film per sempre.
Lo ripeto per la centesima volta, a scanso di equivoci: Steven Spielberg ha rappresentato, a partire dalla mia infanzia e poi attraverso l’età adulta, il Cinema e il suo potere di trascinarti dentro una storia narrata per immagini. E lo ha rappresentato come nessun altro regista, per quanto amato o venerato, è mai riuscito a fare. Non posso essere oggettiva quando parlo di Spielberg. Non mi interessa neanche esserlo. Spielberg è come un papà, magari un po’ acciaccato dall’età che avanza, meno eroico e perfetto di un tempo, ma resta sempre il mio punto di riferimento principale. Mi fido di lui, so cosa trovare nei suoi film, anche se riesce sempre a sorprendermi. Quasi mai a deludermi.
Era quindi ovvio che mi precipitassi sull’iniziativa indetta dai miei vicini di blog (in fondo al post troverete la lista dei partecipanti, ognuno con un film diverso) per festeggiare il genetliaco del più grande regista vivente (si pregano i gentili lettori di astenersi da pernacchie. Sapete che la penso così. Se non concordate, potete non leggere).
Solo che ho scelto un film particolare, collettivo, in cui Spielberg, insieme a John Landis, si assume il ruolo di produttore e dirige uno dei quattro segmenti.
Le altre due storie portano la firma di Joe Dante e George Miller.
Quattro registi per quattro episodi di un film che è in realtà un omaggio a una delle serie televisive più influenti per la generazione a cui Spielberg (e i suoi colleghi) appartiene.
MIler, Dante, Landis e Spielberg sono infatti più o meno coetanei. Il più giovane è Landis, che nasce nel 1950. E la serie classica del telefilm creato da Rod Serling è andata in onda a partire dal 1959.

Non credo che noi potremmo mai riuscire a comprendere la portata di un programma simile e il suo impatto non solo sulla storia della televisione, ma sulla cultura popolare in toto. Tutti i registi che hanno reso grande il cinema fantastico degli anni ’70-’80 devono qualcosa a Serling e alla sua creatura.
Forse solo I Racconti della Cripta hanno avuto un’influenza simile. Ma quei fumetti durarono poco, furono censurati quasi subito ed erano comunque limitati al solo genere horror. The Twilight Zone copriva, da sola, l’intero spettro del fantastico: fantascienza, macabro, mistero, anche un pizzico di terrore. E quei ragazzi che la guardavano in tv e che, da adulti, hanno avuto la fortuna di trovarsi dietro una macchina da presa, ne furono segnati in maniera indelebile.
Non è un caso se fu proprio Spielberg a mettersi a capo dell’operazione di trasporre alcuni episodi de Ai Confini della Realtà per il grande schermo.
L’uscita del film rilanciò poi la serie stessa, che tornò in onda con nuovi episodi per altre tre stagioni a partire al 1985.

twilight-zone-the-movie_dan-aykroyd_demon

All’epoca delle riprese del film, le due star erano Spielberg e Landis. Dante aveva diretto Piranha e The Howling, ma non lo si poteva considerare un regista da grandi incassi, mentre Miller, australiano, era reduce dai due Interceptor. Entrambi produttori di grande intelligenza, Landis e Spielberg scelgono di chiudere con gli episodi dei due registi meno famosi, ma sicuramente migliori di quelli che avevano diretto loro. Il risultato è un film in crescendo, che parte lentamente, accelera nell’episodio di Dante, It’s a Good Life, per poi dare il meglio di sé nella rivisitazione dello storico Nightmare at 20,000 Feet.
Richard Matheson venne chiamato a riscrivere ed espandere i tre remake delle puntate classiche, mentre Landis preferì realizzare una nuova storia, con elementi di ispirazione però riconducibili a diversi episodi delle tre stagioni andate in onda tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60.
Inoltre, Landis è autore del prologo.
Già, il prologo. 
Uno dei momenti più paurosi di tutta la mia infanzia.
Quel dannato prologo.
Gli accidenti che ho mandato a Landis non si possono contare. Gli accidenti che ogni volta continuo a mandargli.
Ma bisogna ammettere che è davvero un inizio folgorante, di quelli in grado di diventare il simbolo stesso di un intero film. Con la trasformazione di Dan Aykroyd in un mostro, precipitiamo subito nella Zona del Crepuscolo, dove a persone normalissime accadono fatti straordinari, che modificano per sempre la loro percezione della realtà. E la nostra.
E non esiste concetto più spielberghiano di questo: gente comune costretta a misurarsi con avvenimenti che di comune non hanno niente.
Nel corso del film, assistiamo a quattro momenti in cui la realtà si frattura, e fa emergere un altro livello di esistenza, che può essere minaccioso e mortale (come negli episodi di Landis e Miller), grottesco e profondamente triste (come nell’episodio di Dante), oppure in grado di dare speranza a chi ne è privo da anni. Ed ecco il segmento diretto da Spielberg.

twilight zone the movie-1

Che, diciamolo subito, non è tra i migliori del mucchio. Sembra girato un po’ di fretta e scritto (sempre da Matheson) un po’ controvoglia. Eppure, potrebbe essere usato come esempio per descrivere in breve la poetica spielberghiana.
Immediatamente riconoscibile sin dalle prime inquadrature, sin dalla voce fuori campo che, in modo diverso rispetto agli altri episodi, smette di suggerire inquietudine e si fa dolce e pacata, lo stile e il marchio di autore di Spielberg sono così evidenti che bastano un paio di minuti per sentirsi a casa.
La storia degli ospiti di una casa di riposo che ritrovano per qualche ora la giovinezza perduta grazie a un gioco che facevano da bambini, e la sua conclusione in bilico tra speranza e amarezza, rappresentano tutto ciò che di buono (per alcuni di deteriore) ha portato Spielberg al cinema fantastico.
Forse il suo è un modo di fare cinema poco adatto a una narrazione secca e breve, come deve essere quella di un film a episodi e necessita di storie a più ampio respiro.

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Proprio per questo a spiccare, nel film (lo abbiamo già detto), sono i due segmenti dei registi meno blasonati: l’ironia grottesca e corrosiva di Dante e la virata nel fanta-horror puro di Miller.
Come esplosione di creatività, It’s a good Life è imbattibile. Pochi, coloratissimi minuti, che traboccano di idee. Joe Dante, che di lì a poco avrebbe diretto Gremlins (prodotto proprio da papà Spilby), sembra fatto apposta per mettere in scena situazioni sopra le righe, in cui qualcosa di sinistro si insinua in una normalità già di per sé ambigua e dove i veri mostri non sono mai così evidenti come sembrano.
Invece Miller firma un segmento claustrofobico e pauroso, tutto ambientato a bordo di un aereo e retto quasi interamente dalla performance di uno straordinario John Lithgow.
C’è almeno un jump scare da saltare fino al soffitto e per chi ha paura di volare, questo piccolo film vale sedici final destination visti uno dietro l’altro.

Ai Confini della Realtà è un omaggio affettuoso e sentito, da parte di quattro figure fondamentali del cinema fantastico, a una serie televisiva che ha letteralmente plasmato il loro immaginario. Immaginario che poi sarebbe diventato anche il nostro.
You unlock this door with the key of imagination. Beyond it is another dimension: a dimension of sound, a dimension of sight, a dimension of mind. You’re moving into a land of both shadow and substance, of things and ideas. You’ve just crossed over into… the Twilight Zone

Musica

spielbergday

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24 commenti

  1. E non esiste concetto più spielberghiano di questo: gente comune costretta a misurarsi con avvenimenti che di comune non hanno niente.

    Ed è per questo che amo i suoi film “fantastici” così come amo i romanzi di King. Per come lo strano si insinua nelle vite di persone che potremmo conoscere da sempre. O che potremmo essere noi, chissà.
    E John Lithgow, nell’ultimo episodio, è immenso. Quanta paura, diamine!

    Buon Spielberg Day, cara! 🙂

    1. Buon Spielberg day a te!
      è poi il modo in cui queste persone comuni reagiscono all’evento in questione che rende Spielberg davvero un “autore” con una propria poetica, forse discutibile, forse troppo “semplice”.
      Ma che ci devo fare, io lo adoro 😀

  2. Spettacolare ! Soggetto e recensione..
    Ma perchè ero convinto tu scrivessi solo di horror? Mannaggiamme, mannaggia.

    1. Grazie!
      Perché questo in teoria è un blog dedicato all’horror. Poi ho pensato di parlare di tutto ciò che concerne il cinema fantastico e ho espanso un po’ i miei orizzonti 😉

      1. Mi avrai come tuo lettore e commentatore affezionato, d’ora innanzi. 😉

        P.S. (Te sei la madre di Frank R., giusto?)

        1. Sì, sono io! 😉

      2. Giuseppe · ·

        E noi non si poteva non appoggiare questa espansione 😉
        Quel prologo comunque aveva fregato anche me, non credere…”la vuoi vedere una cosa davvero terrificante?” diceva sornione Aykroyd, “e che sarà mai, uno scherzo” dicevo io. E infatti eccolo che ti arrivava, lo scherzone ai confini della realtà (e della mia capacità di prevederlo)!
        Ammetto anch’io che in questo film papà Steven (e, a proposito, buon Spielberg day pure da me 🙂 ) risulta essere un tantino sacrificato -anche se riconoscibile nelle tematiche che gli sono proprie- se accostato agli episodi di Dante, Miller e Landis…quest’ultimo tra l’altro mortale davvero, visto ciò che successe sul set (ragion per cui provo sempre un -triste- brivido quando mi capita di rivederlo). 😦

        1. Sì, quella fu una tragedia pazzesca. Ogni volta che rivedo la scena in Viet-nam mi prende davvero un colpo.

  3. Dannazione! Quel prologo pazzesco me lo ricordo anch’io. Terrificante!

    1. Una paura fottuta. Maledetto Landis

  4. Buoni festeggiamenti!! ^^

  5. Approdo solo ora sul tuo blog per questi festeggiamenti e purtroppo il film mi manca 😦
    Lo segno comunque, e buon SSD!

    1. Buon SSD a te!

  6. Ciao, approfitto di questo spazio per farti i complimenti per questo blog. Leggendo le recensioni, le classifiche mi trovo a condividere moltissime delle tue riflessioni e quasi giocando mi sono messo a leggere quelle recensioni di film che mi avevano particolarmente colpito per vedere quanto e se si discostassero dalle mie posizioni.
    Ho visto the Twilight Zone al cinema da bambino e mi ero quasi dimenticato della sua esistenza. E’ uno di quei film che forgia l’immaginario c’è poco da dire. Grazie.
    Ps: sarei curioso di sapere se hai visto una serie francese che a me sta facendo impazzire “Les Revenants” (The Returned in inglese). Mi sento di consigliartela, davvero interessante.
    Luca

    1. Ma grazie! Sei gentilissimo.
      Les Revenants è una grandissima serie. Forse una delle più originali in materia di morti viventi, insieme a In The Flesh, degli ultimi anni.
      Non so se l’hai vista tutta, ma secondo me zoppica un po’ nell’episodio finale. Sono curiosissima di vedere cosa combineranno con la seconda stagione.

      1. Non potevi non conoscerla!Come non poteva non piacerti.

        Io sono alla sesta, mi mancano due episodi quindi. Nella sesta SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER ammetto che ero un pò preoccupato per l’andazzo che stava prendendo, mi spiego, il ruolo affibbiato quasi a forza a Camille dal tipo della “Mano Tesa” come tramite con gli spiriti per dare speranza e conforto mi era sembrata una soluzione un pò banale e consolatoria, una buona bugia diciamo. Un tappo frettoloso a problematiche complesse che fino a quel momento sembrava fosse interesse degli autori sviscerare. Per fortuna la serie non mi ha tradito, anzi mi sono sentito piacevolmente ingannato: la scena del suicidio dei genitori ha rimesso tutto al suo posto e l’ho trovata una soluzione davvero coraggiosa ed efficace. L’orrore dei morti che tornano è ineluttabile, trovo meravigliosa l’idea che nonostante chi torna non sia in decomposizione e non abbia fame di cervella, almeno fin qui, e nonostante si tratti di persone che sono state profondamente amate e quindi piante a lungo, il ricongiungimento con i vivi è tutt’altro che un processo indolore e automatico. Ogni nonmorto che torna costringe chi li ha pianti allora a fare i conti nuovamente con lutti elaborati in anni dolorosi, con rapporti lacerati e sconquassati da quegli stessi lutti che solo con il tempo sono stati faticosamente recuperati. Scusa la pippa ma è l’entusiasmo.
        Luca

  7. Bellissimo ‘sto filme. Mi hai fatto venire voglia di rivederlo. Personalmete non ho mai tovato cali o impennate nella qualità (anche se devo ammettere che l’episodio “Time out” mi ha sempre detto meno degli altri), anzi lo considero compatto e trascinatore da inizio a fine. Parli dell’inizio, ma non fai cenno al finale, che unisce, compatta i racconti in un’opera unica e indivisibile.

    Perché non fanno più film così? Oggi è un tripudio di effetti speciali, eppure anche allora si usavano i mezzi più moderni. A parere mio si è perso il senso della scena. L’episodio col “gremlin”, per esempio: quando John schizza fuori il finestrino, e il mostriciattolo, dopo l’ammonimento, corre sull’ala e vola via. Una scena bellissima per come è congegnata, che resta nella memoria.

    Bello bello, anche le musiche. Attori sempre impeccabili (con un John Lithgow che secondo me primeggia… altro attore sottovalutato e sottosfruttato).

    Oggi apprezzo meno Spielberg (secondo me ha fatto parecchio male all’industria cinematografica), ma quando ricordo le emozioni che mi ha dato da piccolo, mi riesce facile chiudere un occhio sui punti neri della sua carriera… Auguri.

    1. Non fanno più film così, credo, perché oggi manca un po’ quel tentativo di fondare un immaginario che ha contraddistinto il cinema fantastico dei tempi che furono.
      Non credo sia un problema di effetti speciali, dato che, come dici anche tu, negli anni ’80 si usavano tutti i mezzi tecnici allora a disposizione.
      è proprio un problema legato alle storie da mettere in scena e alla mancata ricerca di nuove forme narrative. Non si sperimenta, si va sul sicuro, per problemi sia creativi che economici.
      Io credo che Spielberg abbia contribuito più di molti altri alla fondazione dell’immaginario di cui parlavo prima. E quindi ha fatto del bene al cinema. Il problema è come poi le innovazioni da lui introdotte sono state sfruttate (male) da altri.

      1. Quando dico che SS (gosh!) ha fatto male a certo cinema mi riferisco al suo dominare e monopolizzare l’industria proprio negli anni 80, un decennio ribollente di creativi. Spielberg ha dettato legge. Il creativo doveva sottostare alle sue richieste, sennò non lavorava. Parli di sperimentazione, ma presumo ti riferisca a quella tecnica, non creativa…

        1. Per me Spielberg ha avuto appunto il merito di lanciare tutti quei creativi e dar vita al decennio più ricco di novità, e tecniche e artistiche, del cinema fantastico, quello che ricordiamo tutti come un periodo d’oro.
          E poi io sono dell’idea che la sperimentazione tecnica vada di pari passo con quella creativa, sono la stessa cosa. Soprattutto in un cinema che fa degli effetti speciali il suo punto di forza.

  8. questo non l’ho, ahimè, ancora visto! però siccome sono da poco entrato nel recupero totale di Ai confini della realtà (al momento sono alla seconda stagione della serie del 1959) prima o poi ci arriverò 😀

  9. LordDunsany · ·

    Chi frequenta questo posto sa della tua passione per lo zuccheroso Spielberg 😀 e fa niente se non tutti lo amano (io poco), l’importante è che continui a sfornare articoli come questo. M’hai fatto venire voglia di rivederlo, mi ricordo solo prologo e un episodio… 😀

    1. Eh sì, diciamo che sono una spielberghiana di ferro.
      ma Ai Confini della Realtà è spielberghiano solo fino a un certo punto 😀