Il Grande Notturno

di Ian Delacroix

Edizioni XII

pp 210

In poco più di sei mesi da quando ho aperto il blog, questa è la seconda volta che mi occupo di un’ opera proveniente dall’ Italia. La ragione è molto semplice: ho deciso, per quieto vivere, di parlare di film o libri del mio paese solo se rimango favorevolmente colpita. Magari è una decisione vigliacca, ma mi serve per mantenere questo posticino tranquillo e l’ importante è che mi sembra di esserci riuscita. Qui su Ilgiornodeglizombi si discute pochino anche di libri, dato che il più delle volte non mi sento all’ altezza di affrontare argomenti letterari. Ma l’ occasione di poter leggere e recensire un romanzo italiano che mettesse in scena una bella invasione di morti viventi in una delle nostre città, era davvero troppo ghiotta per non approfittarne e quindi al diavolo il panico di non essere in grado di disquisire di narrativa. Andiamo a conoscere Il Grande Notturno.

Tutto inizia con centinaia di migliaia di topi che si riversano in massa per le strade di Milano. Attaccano i passanti e li mordono. La gente comincia a morire, c’ è aria di apocalisse, le autorità non sanno come affrontare questa piaga che si è abbattuta sulla città senza spiegazioni, fino a quando appare dal nulla uno strano individuo, che afferma di essere in grado di liberare Milano dai topi. Vuole solo un tributo umano in cambio: dieci donne bellissime. Sindaco e giunta promettono una cosa che non possono evidentemente mantenere. L’ uomo misterioso elimina il problema dei ratti nello spazio di una sola notte, ma il giorno dopo, quando va a riscuotere la sua ricompensa, si vede opporre un netto rifiuto e se ne va promettendo una vendetta che, dieci anni dopo, trascina Milano in un dramma ancora più atroce e terribile di quello dei topi.

Il romanzo di Delacroix si divide in tre tronconi narrativi, che si svolgono su diversi piani temporali, coinvolgono un folto gruppo di personaggi e cambiano punti di vista e ambientazioni, senza che questo però disorienti il lettore o dia una fastidiosa impressione frammentaria. La struttura di base è infatti molto coerente e, nonostante l’ estrema varietà di situazioni presentate, è evidente che l’ autore ha ben chiara una visione d’ insieme, tutta incentrata sulla figura inquietante, misteriosa e piena di fascino del Grande Notturno, essere secolare, né vivo né morto, in contatto col mondo delle Ombre e che ha deciso di lavare col sangue l’ affronto subito quando è intervenuto a salvare Milano dall’ invasione dei topi.

Il terrore arriva dal sottosuolo. Le stazioni della metropolitana iniziano a brulicare di cadaveri viventi in decomposizione. Gli zombi di Delacroix sono classici, romeriani, lenti e implacabili. Sovrastano i vivi con la loro superiorità numerica e li divorano. In poche ore la città è nel caos, isolata dal resto del mondo, mentre uno sparuto gruppo di sopravvissuti affronta le gallerie deserte per porre fine alla minaccia. L’ apocalisse cittadina descritta ne Il Grande Notturno contiene momenti di forte impatto, grazie soprattutto alla decisione di Delacroix di raccontarla attraverso la prospettiva di più personaggi, come se ogni momento dell’ invasione fosse la tessera di un mosaico dell’ orrore da ricostruire poco a poco, fino a quando i vari caratteri convergono tutti nello stesso punto e affrontano un assedio violento e disperato. Grazie a Dio, la parola zombi viene usata dai personaggi. Nell’ universo letterario de Il Grande Notturno, i film di Romero esistono e quasi tutti sanno con chi hanno a che fare. Nessun dubbio su malattie o follia collettiva: sono morti che camminano e come tali vanno trattati. Delacroix dimostra di avere un gran controllo delle scene d’ azione e di saper gestire gli scoppi di violenza e i dettagli splatter senza eccedere, ma senza nascondere niente al lettore. I suoi cadaveri ambulanti fanno paura e la sensazione che si prova leggendo è quella di trovarsi in una situazione senza via d’ uscita, con la civiltà sull’ orlo dell’ abisso e la vita come noi siamo abituati a conoscerla tramontata per sempre.

La discesa nei tunnel della metropolitana, infestati dai morti e altre orrende creature, è il preludio all’ incontro ravvicinato con il Grande Notturno in persona. Quando credevamo di sapere quale direzione avrebbe preso il romanzo (lotta contro il Mostro, vittoria o sconfitta, i nostri che vengono uccisi uno a uno), Delacroix cambia registro e direzione, stravolge le dinamiche del classico racconto apocalittico di zombi e ci trascina in una cupa fiaba dal sapore antico, in una cavalcata attraverso i secoli, per dare voce al cuore del suo romanzo, alla figura da cui prende il titolo e che si rivela essere il grande burattinaio che ha messo in scena ogni cosa. Una svolta inaspettata nella trama che porta a conseguenze impreviste e fa calare il ritmo, fino a quel momento vertiginoso, della narrazione. Dopo aver corso, combattuto, attraversato un inferno di gallerie, aver investito emotivamente in una decina di personaggi diversi, ecco che ci sediamo, ci riposiamo, abbandoniamo quasi tutte le persone alle cui vicende abbiamo assistito per  un centinaio di pagine, e restiamo ipnotizzati dalla voce del Grande Notturno, che ci racconta la sua storia.

E’ una scelta coraggiosa e interessante, che magari ha il difetto di far percepire una cesura troppo netta con quanto narrato fino a quel momento, una sterzata brusca che all’ improvviso modifica del tutto l’ atmosfera, il tono e lo stile, quasi si cominciasse un altro libro. Il Grande Notturno è un personaggio tragico e mostruoso. Sebbene si percepisca una profonda tristezza nel suo racconto, la sua natura malvagia e bestiale non viene mai negata. Non siamo di fronte a un cattivo che non è poi così cattivo, o che si rivela il solito pseudo non morto elegante e romantico. Il Grande Notturno non solo non ha un briciolo di pietà per le proprie vittime, ma si diverte a usarle come burattini di una messa in scena che va avanti da secoli. Non c’è comprensione per la sofferenza altrui, solo la consapevolezza di aver bisogno degli esseri umani, piccoli e insignificanti, per nutrirsi. Perché il Grande Notturno si nutre della bellezza e attraverso la bellezza esercita il proprio dominio sulle ignare città in cui di volta in volta, va a stabilirsi e dove allestisce i suoi spettacoli per procacciarsi il cibo. Delacroix avvolge il lettore con suggestive descrizioni dell’ Olanda di Rembrandt, della Francia del Grand Guignol e del carnevale di Venezia, territorio di caccia privilegiato del Grande Notturno.

Pieno di riferimenti cinematografici, letterari, pittorici (ogni capitolo ha come titolo una citazione, da Uomini e Topi, a il Serpente e l’ Arcobaleno, da Eliot a Matheson), Il Grande Notturno è un puro romanzo dell’ orrore, del tutto privo di quella sgradevole sensazione tipica di molta produzione italiana per cui scrivere horror pare brutto e allora no, non è un horror, è un noir, no, è un thriller psicologico, no, in realtà è una metafora sociale sulla decadenza della civiltà e bla bla bla (e anche gne gne gne). Delacroix ha scritto un’ ottima storia del terrore, l’ ha scritta con coraggio ed eleganza, dimostrando, per chi ne avesse ancora bisogno, che l’ horror non è parente povero di nessuno, ma possiede un’ autonomia e una dignità pari a quelle della letteratura cosiddetta “alta”.

21 commenti

  1. Beh, che dire? Lo metto subito nella mia wishlist perché da quello che racconti promette molto ma molto bene.

    1. Merita, merita…e io evito in tutti i modi di parlare di romanzi italiani se non mi convincono. L’ horror qui da noi è considerato alla stregua della spazzatura non riciclabile. Mi sembrava giusto, nel mio piccolo, pubblicizzare un po’ un buon prodotto 😉

  2. Bellissima recensione, Lucia! I lavori della XII meritano parecchio. Io sto partecipando a un giveaway con Il Grande Notturno in palio, speriam bene! 😀

    1. Grazie Gianluca! Sono contenta che uno che scrive così bene di libri come te abbia apprezzato 😀

  3. Ero in dubbio se leggerlo ma mi sembra molto interessante.Corro a recuperarmelo:D

    1. E’ molto interessante…è un punto di vista diverso da solito sugli zombi e comunque ti lascia spiazzato. Ne vale la pena 😉

  4. Giuseppe · ·

    Sembra davvero niente male, con la narrazione in soggettiva del “mostro” apprezzabile quale tocco di classe aggiuntivo, una volta che grazie a uno scrittore con gli attributi ci si sia posti al riparo da stereotipi e banalità assortite, cose che invece magari oggi troviamo nella molto cosiddetta letteratura “alta”…del resto mi sa che da noi con l’alibi dell’ “altitudine” letteraria (e relativi pregiudizi) si preferisce troppo spesso foraggiare chi non sa scrivere -o non ha nulla da dire- per meglio venire incontro ai gusti di chi non sa leggere (e non sto facendo il presuntuoso, purtroppo), salvo rari casi in cui buoni e ottimi (nonchè poliedrici) autori horror e/o science fiction riescono a emergere e rimanere meritatamente a galla come nel caso di Valerio Evangelisti, che ascriverei a pieno titolo in entrambe le categorie che ho citato…

    1. L’ altitudine letteraria (e cinematografica) è uno dei grossi problemi che affligge la cultura in questo paese. Anche perché spesso è un’ altitudine assolutamente pretesa ma non giustificata dai risultati.
      MI piace moltissimo Evangelisti, hai fatto propri l’ esempio giusto 😉

  5. Lucia, che dire?
    Ogni volta mi sorprendi e mi commuovi sempre di più con la profondità delle tue recensioni.
    Un sentito grazie da parte di un appassionato di letteratura fantastica italiana.

    1. No, io ringrazio te per le tue bellissime parole. Si fa semplicemente quel che si può, Nick. E io sono la prima a commuovermi quando leggo un romanzo italiano del fantastico ben scritto e curato come questo.

  6. si trova in libreria?

    1. Dunque, la Edizioni XII è distribuita nelle librerie, ma se hai qualche difficoltà puoi acquistarla direttamente sul loro sito
      http://www.xii-online.com/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1

  7. Bellissima recensione.
    Anch’io lo sto leggendo. Mi piace un pochino meno di altre opere pubblicate da XII edizioni, ma siamo senz’altro davanti a una storia matura e “alta”, alla faccia, come dici tu, di chi sostiene che l’horror è solo monnezza.

    1. Io ho preferito (ma si legge anche nella recensione) la prima parte, quella con gli zombi, alla seconda. Resta comunque un qualcosa di inedito e originale nel panorama italiano e un bell’ esperimento di mescolanza di stili e vari generi.
      Grazie per i complimenti, Ale 😉

  8. ATTENZIONE !ATTENZIONE!
    scrittori e scrittrici della domenica,pennivendoli e pennivendole gurriglieri e guerrigliere,se avete la passione della scrittura-non necessariamente ricambiata,eh!-e vi piace scrivere racconti,romanzi brevi o altro di tipo :horror,western,poliziesco,noir,thriller,bellico,fantascienza,fantasy,politico,insomma speditemi le vostre fatiche e io le pubblicherò sul mio blog
    http://lenincolt.wordpress.com

    mail:nixonvigano@yahoo.it

    ps:parlando di libri anche il romanzo di Gianfranco Manfredi sui vampiri hofreddo mi pare non era male.

  9. bellissima recensione!

    1. Ti ringrazio moltissimo!

  10. In lista di acquisto da un pò e adesso m’hai fatto venire l’acquolina…
    Ti consiglio, della stessa casa, se non l’hai già letto, acnhe Opera 6 che sfiora un’idea di opera horror molto vicina per intenti a quella di Martyrs… 😉

    1. Grazie Eddy, me lo procuro immediatamente 😀

  11. zombi milanesi ,mi fa ridere:uè,testina fermèss che ma sa svida la gamba
    sicuramente saranno puntuali:duman matina tucc a piassa dom che ghè da mangià i bagaiot e i tusan che van a lavurà.Uè,si parte alle 7 e si torna
    alle 8,colazione a sacco.
    Avessero il dono della parola:ciapà sù il sole e il currieron,va!
    Poi li vedo che vanno a fare il brunch nei bar,sempre belli fighetti come sanno esser solo loro,(noi brianzoli siamo + tamarri),vanno a ballare alla discoteca Hollywood e poi allo stadio san siro che ci son i puttanoni.
    Cioè lo zombi milanese è fin troppo un pirletta aristocratico,mica si mette a mangiare carne cruda di origine sospetta.
    Magari a roma andrebbe meglio lenti gli zombi lente le vittime e tutti a bere il vino dei castelli!Scherzo eh!

    1. No, no, ti assicuro che questi zombi sono letali e micidiali, per non parlare del personaggio che li ha evocati. Altro che fighetti 😀