Lo Specialone

Dopo la breve e burrascosa incursione al di fuori del genere di cui ci occupiamo in questo blog, si torna con gioia a occuparsi di frattaglie, in barba a qualsiasi coerenza narrativa, o velleità autoriale e fregandonese altamente anche dei valori estetici. Il 7 ottobre arriverà in Italia il quinto capitolo della saga di Final Destination. In quasi tutto il resto del mondo è uscito ad agosto, ma noi ci distinguiamo per la nostra furbizia e da qui a un mese, tutti avranno fatto in tempo a scaricarlo, a vederlo nelle proprie comode casette (magari il dvdrip americano, chi lo sa) e alla sua distribuzione in sala sarà già un film vecchio, come è accaduto per Super 8. Io, che preferisco vedere i film su grande schermo, ché è per quello che sono stati concepiti, attenderò come una scolaretta diligente, come faccio quasi sempre se qualcuno si degna di far uscire una pellicola qui da noi, e se le sale mi fanno la grazia di tenerla in piedi almeno un paio di settimane. Cosa che non sempre accade. Nel frattempo, ho pensato di inaugurare un’ altra rubrica che farà la gioia di grandi e piccini e susciterà ovazioni in ogni angolo del globo: gli specialoni. Come sempre qui a ilgiornodeglizombi tuttattaccato, non è detto che questo sarà un impegno fisso e non è neanche detto che al primo specialone ne seguirà un secondo. L’ idea dello speciale rientra nell’ ambito dell’ ambizioso progetto intrapreso insieme al collega Hell Graeco di riscrittura integrale della storia del cinema. E sì, mi sto accingendo a parlare seriamente di una franchise che è forse tra le più sputtanate e in caduta libera degli ultimi anni, ma che occupa comunque un posticino abbastanza importante all’ interno della filmografia horror più recente.

Il plot alla base del primo film della saga era stato pensato, alle origini, per essere la sceneggiatura di un episodio di X Files, poi abbandonato. James Wong che di X Files era sceneggiatore, produttore, nonché regista di alcuni episodi, decide di farne un film a sé stante. L’ idea era abbastanza forte e originale: girare uno slasher con protagonisti adolescenti, in cui l’ antagonista non fosse il solito assassino mascherato, ma la Morte stessa, che si viene a riprendere quello che le era sfuggito di mano. Abbiamo una scolaresca americana in gita a Parigi; uno dei ragazzi, dopo essere salito sull’ aereo destinato a portarlo in Francia con i suoi amici, ha una visione del volo che si schianta. Fa scendere quante più persone possibile e il disastro avviene realmente. Dopo qualche giorno, tutti gli scampati cominciano a morire, uno ad uno, in quelli che sembrano semplici incidenti. I meccanismi narrativi di Final Destination sono quelli, riproducibili all’ infinito, del body count adolescenziale, mutuati dalla seconda ondata di teen slasher che ebbe inizio a metà anni ’90 col fenomeno Scream. L’ elemento quasi geniale, che rende il primo Final Destination una sorta di anomalia, è che la minaccia rappresentata è impossibile da sventare. La Morte, privata di qualsiasi incarnazione, si limita ad accadere, tramite circostanze del tutto casuali: un’ infiltrazione d’acqua, un autobus, un guasto a un computer. L’ elemento soprannaturale è trattato in maniera intelligente. Si evita a prescindere di dare a questa Morte un volto e la si lascia agire come una forza incorporea, capace però di elaborare schemi complessi ai danni degli illusi malcapitati che credevano di esserle sfuggiti.

e mo' so' cazzi

A rivelarsi vincente è la commistione tra horror soprannaturale e slasher, unita a un pizzico di disaster movie nella spettacolare scena dell’ incidente aereo. Malgrado alcune idiozie disseminate in una sceneggiatura non proprio perfetta, Final Destination è un buon film, in grado di intrattenere e di spaventare, con dei personaggi stereotipati ma non ancora ridotti a manichini da crash test, un cast tutto sommato nella media della decenza e una regia che, malgrado lo stampo televisivo, riesce comunque a fornire qualche spunto interessante, soprattutto nella realizzazione di alcune morti davvero ben orchestrate (quella di Tod su tutte).

Nonostante gli incassi faraonici del film (112 milioni di dollari a fronte di un budget di 23), devono passare tre anni prima che esca il secondo capitolo. E qui cominciano i dolori, perché la New Line affida la regia all’ ex stunt David R. Ellis, alla sua seconda esperienza dietro la macchina da presa.

te quella non la devi toccare

Si replica in maniera identica lo schema del primo film, con la sola differenza che questa volta la visione premonitrice riguarda un enorme incidente d’auto che coinvolge decine di veicoli e non più un disastro aereo. Ellis, con la classe e il gusto che lo contraddistinguono che sarebbero deflagrati in tutto il loro splendore nell’ immortale capolavoro Snakes on a Plane, sceglie l’ encomiabile percorso artistico del buttare tutto in caciara: più morti ammazzati, più botti, più esplosioni, più splatter, più casino, più umorismo demenziale da ripetente di prima media. E’ lo stile di Ellis, dove il fracasso è il solo mezzo espressivo. Il risultato è che Final Destination 2, sebbene il fattore novità non sia ancora del tutto estinto, e nonostante il budget quasi raddoppiato, dimezza gli incassi ed è un cesso di film, per utilizzare una categoria critica in voga in tutte le scuole di cinema. Certo, il divertimento sciocco sciocco non manca, un divertimento analogo a quello che si prova in una gara di rutti, ma pur sempre divertimento. Qualche morte, come quella del ragazzino spiaccicato dalla lastra di vetro, si lascia guardare e strappa una sghignazzata sadica, ma il fiasco è talmente eclatante che si ha l’ impressione che la franchise terminerà qui.

spappolato a breve

E invece, nostra signora Morte non sembra ancora stufa di andare a riacchiappare i deficienti che le sfuggono causa abuso di allucinogeni, ed eccoci arrivare al 2006, con la terza installazione della saga. Questa volta, la Morte ha un attimo di distrazione subito prima di un brutto incidente sulle montagne russe di un luna park. Ellis era impegnato con i suoi serpenti su un aeroplano (o forse a sniffare colla con Samuel Jackson, chi può dirlo) e il buon Wong ritorna all’ ovile, anche se ormai l’ unica soluzione è quella dell’ autoparodia più o meno consapevole. Per fortuna Wong sceglie un cast migliore di quello del film precedente, capitanato da  quel miracolo vivente che risponde al nome di Mary Elizabeth Winstead e dimostra di avere una  certa creatività rispetto a Ellis nel filmare le scene di morte, divenute il solo motivo di interesse di una serie di film che può offrire soltanto la stanca ripetizione di una struttura già mandata in vacca al secondo episodio. Final Destination 3 può vantare la più spettacolare scena d’ apertura dell’ intera saga. Wong, nei sei anni dal suo esordio su grande schermo, ha studiato e riesce a dare una forma più cinematografica al tutto. Peccato che l’ abuso di CGI nel mostrare corpi tagliati a metà e frattaglie che schizzano sulle rotaie comprometta l’ ottima resa visiva di tutta la scena. Per il resto, questo terzo capitolo si ricorda per la morte atroce delle due ragazze sui lettini delle lampade abbronzanti (anche se quel pattume immondo di Urban Legends: Bloody Mary è dell’anno precedente e ha una sequenza praticamente identica) e per la triste fine di uno dei pochi personaggi simpatici, a opera di una pistola sparachiodi imbizzarrita.

solo per te ne vale la pena

 Il risultato è superiore alle aspettative e anche al botteghino il film si comporta molto bene, meglio di entrambi i suoi predecessori. Logica vorrebbe che la New Line, in previsione di un ulteriore seguito, richiamasse Wong. E invece no, in base a quei comportamenti produttivi che sfuggono anche alla logica più elementare, ritorna Ellis e, con la solita scadenza triennale, nel 2009 esce The Final Destination (che chiamarlo Final Destination 4 pareva brutto), questa volta in 3d e con quel titolo messo lì un po’ a cazzo di cane a voler indicare che si ricomincia da capo e tutto sarà molto più bello. Reboot, per usare un linguaggio più tecnico. Un paio di palle, aggiungo io. L’ idea di Ellis e degli sceneggiatori (anche loro riesumati dal secondo capitolo) di sfornare qualcosa di nuovo equivale a ripetere la medesima situazione dei tre film precedenti, ma lanciando roba in faccia al pubblico, che tanto ci pensa il 3d a far andare la gente al cinema. E così abbiamo copertoni di macchine che volano verso lo schermo, intestini che volano verso lo schermo, pezzi di corpo che volano verso lo schermo, gente tagliata a metà che vola verso lo schermo. Il tutto, rigorosamente privo di qualsiasi effetto speciale artigianale, che ci pensa il pc del figlio dodicenne di Ellis a fare i visual fx, tanto son buoni tutti. E comunque c’è sempre il treddì.

The Final Destination è il punto più basso raggiunto dalla saga, fino a oggi: attori presi di peso da pessime serie televisive che offrono recitazione di stampo parrocchiale, regia e scelte narrative asservite alla tecnologia del 3d, personaggi che si fa fatica a ricordare chi sono, anche quando muoiono e una scena di premonizione e disastro (questa volta in un autodromo), da sempre il punto di forza di una produzione come Final Destination, priva di qualsiasi elemento di suspence o almeno di sano raccapriccio. E tuttavia, Ellis dimostra di avere ragione: era sufficiente il 3d. La gente si precipita nelle sale facendo entrare nelle tasche della New Line la bellezza di 186 milioni di dollari, nonostante l’ abisso qualitativo in cui la serie è precipitata.

notare la profonda ispirazione postmoderna

Un quinto capitolo, sempre in 3d, era solo questione di tempo. Già il fatto che non ci sia Ellis alla regia (che fa danni altrove, in mezzo agli squali, ne abbiam già parlato) suscita un flebile anelito di speranza. Dando un’ occhiata ai nomi coinvolti, soprattutto per quanto riguarda il cast, sembra che i produttori abbiano aggiustato il tiro. Certo, lo sceneggiatore è quello del remake di Nightmare, il che induce a un profondo senso di sconforto, ma io continuo a sperare in qualcosa di buono. Ci risentiamo il 7 ottobre per la recensione.

Nel frattempo vi lascio con una serie sconvolgente di regalini molto graziosi.

Tutte le morti di tutti i film, dall’ 1 al 4

Il trailer del quinto capitolo prossimo venturo

E per finire una bellissima parodia realizzata dallo stesso cast del film. Solo per questo, i miei soldi glieli vado a dare volentieri.

25 commenti

  1. Che belli gli specialoni! 😀
    Anche se qui ho pochissimo da dire perché ho visto solo il primo capitolo e tanti, troppi anni fa per ricordate qualcosa… Non è precisamente uno di quei film che lascia il segno…
    A parte constatare che Mary Liz assomiglia anche in questa foto a quell’altra lì che sappiamo :P, ti avverto che l’ultima foto non si vede.
    E in gamba con la riscrittura. Conto su di te. 😉

    1. Sì, è vero, c’è una somiglianza inquietantissima! Ma per la miseriaccia più nera, io la vedo. La malvagità di WordPress non ha limiti. Si prosegue, si prosegue e si riscrive e si spernacchiano quelli che usano termini come diegetica e semiotica

  2. ottima idea gli specialoni anche secondo me! ho provato piacere a leggere “tuttattaccato” e sai perché 😉
    di questa saga vanto la più totale ignoranza, ergo te ringrazio de’ core.

    1. Hai notato la citazione colta, eh!? E’ una saga che mi ha sempre divertito molto e che a mio parere ha uno spunto quasi genialoide. Poi, vabbè, è una specie di baraccone ambulante che diventa sempre più scemo, ma può ancora regalare qualche piccolo brivido. Io sul quinto capitolo ci conto. 😀

  3. Il filmato con tutte le morti è veramente inquietante, alla fine dei 6 minuti pensi: “e ora dovrei fare qualcosa come provare a sopravvivere?” Comunque a parte la sottile ironia della morte, e alcuni incidenti molto improbabili (come la scala mobile nel IV capitolo…che pare più il motore di una macchina di qualche industria metalmeccanica) lo sai che non è male…spero solo che il V capitolo abbia almeno qualche scena da togliere il fiato, giusto per ripagarci il costo del biglietto.
    Inoltre, visto che il primo capitolo lo abbiamo riguardato da poco insieme, vorrei ricordare la morte della prof che doveva andare in Francia: un bellissimo esempio di causa/effetto ben realizzato.

    1. La scala mobile del IV capitolo è una robaccia improponibile. Per non parlare dell’ esplosione dello schermo mentre guardano un film in 3d. A David R. Ellis, facce ride! Più che altro la morte della prof è una reazione a catena cataclismatica 😀 Un mio amico mi ha detto che la saga di Final Destination è la declinazione in chiave horror delle sfighe fantozziane. Credo che se mi fosse venuta in mente prima, non avrei neanche scritto lo specialone. Bastava questa definizione 😀

  4. Grazie cara, lo stavo per recensire anch’io, cioè sto finendone la visione (di “Final Destination 5”, intendendo), però ero indeciso se recensire prima “Shark Night”. A questo punto installo prima il primo, così paragoniamo le nostre opiniones (lo sai che mi piacciono perversamente questi intrecci interpretativi di due menti separatamente al lavoro sulla stessa piece):)

    1. Eh, non lo recensiremo insieme, purtroppo…io aspetto l’ uscita nei cinema. Ti prego, dimmi dove hai rimediato Shark Night! E questi intrecci piacciono molto anche a me, soprattutto se poi ci si può confrontare e si tirano fuori impressioni e punti di vista diversi su uno stesso film!

  5. LordDunsany · ·

    Bell’articolo, brava!! 😀 Ne attendiamo altri!! 😀 Ho visto quest’estate”Final Destination 5 3D” al cinema in Polonia; a me è piaciuto molto; diversi spaventi con un finale ad anello molto azzeccato.. 😉

  6. ho visto solo il primo e quando uscì. Inutile dire che ricordo poco ma mi era piaciuto. A questo punto potrei anche riguardarmi il primo ed il terzo…

    1. Oddio, se ho capito, anche solo un pochino, il tipo di cinema che ti piace, dopo aver visto il terzo capitolo, torni qui e mi tiri i sampietrini in faccia 😀 Ti avverto, è una puttanata senza speranza…però ha una certa ragion d’essere. Dai, mettiti in pari così poi ti manca solo il 5 e si assiste tutti insieme al crollo del ponte

      1. ahah, ok ok, sono pronta al peggio, non ti preoccupare…

  7. ot totale: mi ero dimenticato di dirti che st’estate ho visto i demonia, suonavano vicino cagliari. gran bella band, tirata oltremodo (progmetal và), grande simonetti etc. etc.
    dopo aver suonato i classici e aver fatto un medley di ost cultosissime (esorcista, helloween, friday e compagnia grondante), siamo andati sott’al palco a fare richieste, nella fattispecie abbiamo intonato un bel coro di “zombie! zombie! “. detto fatto, hanno improvvisato quella monumentale traccia (non presente nell’ost ufficiale) della sequenza post-torte in faccia. ti ho pensata in quel momento!

    1. Grandissimi i demonia o daemonia, o quel che è! E grazie per avermi pensata, perché sarei stata lì sotto a strillare zombie insieme a voi!

  8. o daemonia, che dir si voglia >:o

  9. Un post eccezionale cara Lucia, da leggere tutto d’un fiato come i protagonisti della saga ossessionati di avere la morte alle calcagna.
    Final destination per me ha rivoluzionato un genere che in quegli anni era in libera discesa e diciamo che ha pure svegliato gli altri registi e produttori nel trattare meglio il nostro caro teen horror.
    Il primo rimane naturalmente il migliore, quello più equilibrato e nel quale non solo i protagonisti, ma anche noi horrorofili rimaniamo sorpresi per le inedite meccaniche di morte. Il secondo invece è infarcito di un’ironia macabra che te lo fa adorare a prescindere, anche se poi ha perso molto in serietà.
    Il terzo, a parte la Winstead, lo apprezzai quando uscì, ma a distanza di tempo mi viene da definirlo come il più debole, mentre del quarto, a parte tutti gli attori odiosissimi, mi è piaciuto molto l’allestimento per alcune morti (quella della piscina mi ha ricordato le situazioni disperate del primo) e la parte finale metacinematografica (una sequenza molto preziosa!)
    Aspettative per il quinto? Piuttosto alte e personalmente non vedo l’ora di vedere Tony Todd!
    Un caro saluto amica e grazie infinite per questo magnifico articolo che mi ha messo in ansia per questo benedetto 7 ottobre 😉

    1. Grazie Antonio! Anche io sono molto affezionata a questa saga (e si vede :D), anche se tendo a preferire il primo e il terzo capitolo, mentre il quarto (forse è vero, l’ unica sequenza che riesco ad apprezzare è quella della piscina) non sono riuscita a digerirlo. Sarà perché Ellis mi fa venire l’ orticaria. Comunque ho grandi aspettative per il 5 capitolo, e speriamo che non facciano slittare ulteriormente l’ uscita nelle sale!

  10. E, cara Lucia, “Shark Night”…diciamo su piattaforme statunitensi? Certa roba appena uscita la puoi trovare solo li. Magari scrivimi in privato che ti spiego meglio 🙂

  11. Et voilà la mia “Final Destination 5”-review: http://psicheetechne.blogspot.com/2011/09/final-destination-5-di-steven-quale.html
    Appena sfornata.
    Baci 🙂

    1. Grazie Angelo! Aspetterò di vederlo in sala per leggerla. Ma dalla breve occhiata mi sembra che tu non abbia affatto apprezzato. Vedremo! Intanto curiosità e attesa salgono!

  12. Quello che ho sempre ammirato di questo film è la scelta (innovativa per il periodo in cui uscì il primo capitolo) di mostrare morti violente senza lasciare nulla all’immaginazione. Resta comunque una saga che si è andata ammosciando sempre di più da secondo capitolo in poi, ma ha avuto il merito immenso di mostrarmi cosa succede a una persona che viene schiacciata da un peso incredibile, che è una curiosita che mi portavo dietro dall’età di 7 anni, quando ho visto la prima volta in tv morire Shu (l’amico cieco di Kenshiro nonchè gran maestro cazzuto di Nanto) sotto la punta della piramide di Souther (l’altro maestro cazzuto e cattivo di Nanto).

    1. Vero! L’ apprendere lo spappolamento tramite peso gigantesco che ti piomba addosso è uno dei debiti che ho contratto con questa saga.
      🙂

  13. Inviata mail 🙂

  14. Devi fare più specialoni, davvero. Sai come trattenere i bulbi oculari allo schermo.

    Le morti tutti insieme mi hanno fatto assai divertire

    1. Verrai con me a vedere il quinto, giusto?